Il papà della piccola Indi Gregory sta combattendo affinché le macchine che tengono in vita sua figlia non vengano staccate. Non sembra essere bastato infatti che venisse concessa alla bambina la cittadinanza italiana, in quanto il giudice inglese Robert Peel potrebbe comunque decidere di staccare la spina a Indi, 8 mesi, affetta da una patologia mitocondriale degenerativa che per ora non prevede cure né speranza. Repubblica ha intervistato Dean Gregory, padre della bambina. Due giorni fa i genitori hanno impedito fisicamente ai medici di staccare la spina alla piccola.
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Dean Gregory: “Non sappiamo come ringraziare il vostro Paese”
I genitori della piccola sono devastati dall’idea che alla figlia siano tolti i collegamenti con i macchinari: “Noi abbiamo chiesto (che possa morire, ndr) a casa e una revisione del protocollo delle cure palliative che ne accelerano la morte. Ma la sanità e i tribunali britannici vogliono negarci anche questo”. Non è scomparsa la speranza di un trasferimento in Italia: “Quello è un processo separato per cui sono in corso trattative anche a livello politico. O magari il giudice si pronuncerà in tal senso. Non lo sappiamo. Non sappiamo come ringraziare il vostro Paese, la premier Meloni e gli italiani. Siete meravigliosi. Magari il nostro primo ministro avesse lo stesso coraggio”.
Sul sistema inglese, dove sono i giudici ad avere l’ultima parola sul destino di un minore al posto dei genitori, Gregory spiega: “È un sistema folle e impietoso, che mi fa vergognare di essere britannico. In tribunale, da genitore, non hai alcun diritto. Tutto il sistema è contro di te. Non auguriamo a nessuno quanto stiamo passando. Indi è nostra figlia, e vogliamo che continui a vivere, visto che è ancora possibile. Perché non ce lo permettono?”.
Indi Gregory, ci sono speranze? La risposta del padre
Le speranze d’altronde sono poche, e i giudici si basano sul fatto che, carte alla mano, secondo loro la piccola vivrebbe poco e comunque in una sofferenza atroce. Gregory ha però dimostrazioni del contrario: “C’è il caso di un bambino americano che, con la stessa sindrome, a 9 anni è ancora vivo. Anche Indi, con il trattamento giusto in Italia, potrebbe ancora vivere mesi o forse anni”. Ha anche denunciato un atteggiamento freddo e senza approfondimento medico da parte dell’ospedale dopo la diagnosi: “Da allora l’approccio dell’ospedale è radicalmente cambiato. L’hanno data subito per spacciata. Nessun luminare del settore l’ha visitata. Ci hanno detto che avrebbe sofferto sempre di più, ma da come Indi interagisce non lo crediamo, e le recenti infezioni sono passeggere. La nostra terza figlia di 6 anni è andata ogni giorno a trovarla in ospedale. Non ha ancora capito cosa sta succedendo. Spero solo di non doverle mai spiegare perché qualcun altro abbia deciso la morte della sorellina Indi”.