Si preannuncia un nuovo scontro nel negoziato sulla Brexit tra Londra e Bruxelles. L’Unione Europea e il Regno Unito hanno annunciato di aver trovato un accordo sulla Brexit: questo vuol dire che le trattative sono finite? Assolutamente no. La strada è ancora lunga e, come ha detto il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk «la sfida più difficile è ancora davanti a noi». All’inizio dei negoziati, Bruxelles e Londra avevano stabilito la scaletta delle trattative: prima un accordo sulla separazione, poi le trattative sulle future relazioni. I britannici avrebbero preferito negoziati in parallelo, ma l’Ue non ha fatto passi indietro e ha stabilito i tre capitoli su cui sarebbe stato necessario fare «progressi sufficienti» prima di passare alla fase due, quella sul futuro.
Quali sono le relazioni future sui cittadini?
La premier britannica Theresa May ha detto che i cittadini Ue che arriveranno nel Regno Unito nel periodo di transizione post Brexit, non avranno gli stessi diritti di quelli arrivati prima. Lo ha detto a Pechino, dove la premier è impegnata in un tour proprio per ‘spianarsi’ la strada nei rapporti con il gigante asiatico all’indomani dell’uscita di Londra dall’Unione europea.
Le norme per i nuovi migranti dell’UE potrebbero includere permessi di lavoro obbligatori, requisiti per la registrazione all’arrivo e restrizioni sull’accesso alle prestazioni, che non si applicherebbero ai cittadini dell’UE trasferiti nel Regno Unito prima della Brexit .May ha detto che i dettagli sono “una questione di negoziazione per il periodo di implementazione, ma è chiaro che c’è una differenza tra coloro che sono venuti prima di partire e quelli che verranno, perchè sanno che il Regno Unito se ne sta andando “.
Gli europei che si trovano nel Regno unito e i britannici che sono nei 27 Paesi Ue «manterranno gli stessi diritti di oggi» dice il comunicato della Commissione Ue. Le disposizioni si applicheranno non soltanto a chi si trasferirà entro il 29 marzo 2019, data in cui la Brexit diventerà formalmente realtà, ma varranno anche per tutto il periodo transitorio che probabilmente durerà due anni. Fino a quella data, dunque, potranno circolare liberamente.
Ma la linea della premier britannica ora sembra essere cambiata. Eppure l’Europa ha sempre creduto che May concedesse ai cittadini europei, e quindi anche italiani, gli stessi diritti approvati sinora. Un punto fino ad ora irrinunciabile per Bruxelles.
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Il capitolo più spinoso e le trattative delle ultime settimane. Che accordo è stato trovato?
Bruxelles intende respingere fermamente ogni tentativo di abbattere le “quattro libertà”, inclusa la libera circolazione delle persone, durante il periodo di transizione, hanno riferito fonti. L’UE ritiene di aver concordato con il Regno Unito che i cittadini che arrivano nel paese prima della fine del periodo di transizione sarebbero coperti da diritti per i cittadini dell’UE.
Ma c’è chi la pensa diversamente: , Guy Verhofstadt coordinatore della Brexit del Parlamento europeo, ha dichiarato: “I diritti dei cittadini durante la transizione non sono negoziabili. Non accetteremo che esistano due serie di diritti per i cittadini dell’UE. Per il passaggio al lavoro, deve significare una continuazione esistente senza eccezioni “. I commenti hanno scatenato la rabbia tra gli attivisti e i parlamentari che hanno sollevato timori sulla discriminazione e l’incertezza alla luce delle osservazioni del premier.
La questione resta un po’ controversa e rischia di penalizzare seriamente Londra. È stato garantito che non ci sarà una frontiera «rigida» tra Irlanda e Irlanda del Nord, nel pieno rispetto degli accordi del Venerdì Santo. Dunque l’Irlanda del Nord e l’Irlanda, in teoria, dovrebbero applicare le stesse regole per quanto riguarda il mercato unico e l’unione doganale. Ma Londra vuole evitare di far nascere una frontiera interna al Regno Unito, quindi andrà trovata una soluzione che di fatto ancora non c’è.
Certamente l’Unione Europea, si legge nell’accordo, «dovrà assicurare che ogni soluzione non mini il ruolo dell’Irlanda nel mercato unico e conseguentemente l’integrità del mercato interno». Se però non si riuscisse a trovare una soluzione, «il Regno Unito si impegna a mantenere il pieno allineamento alle regole del mercato interno e dell’unione doganale». Ossia Londra potrebbe essere costretta a dover seguire ancora le regole decise a Bruxelles dagli altri 27 Stati.
E ora che succede?
Come detto, i 27 leader dovranno dare il via libera ai negoziati per la fase 2, quella sul periodo transitorio e per le future relazioni. «Siamo disposti a concedere un periodo transitorio di due anni come chiesto da May – ha spiegato Tusk – ma alle nostre condizioni». In sostanza il Regno Unito potrebbe restare per altri due anni (dopo il 29 marzo 2019) nel mercato unico e nell’unione doganale, ma questo comporterebbe il pieno rispetto delle norme Ue, senza però il potere di influire sulla loro stesura (come invece oggi accade). I britannici, infatti, non parteciperanno più ai Consigli e saranno fuori dal Parlamento Europeo. Tradotto: i 27 faranno le leggi, Londra le dovrà rispettare. E ovviamente contribuire al bilancio. Nel frattempo si negozierà anche sulla futura partnership, che potrebbe prevedere una sorta di accordo commerciale di libero scambio.
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L’UE deve dimostrare che è aperta agli affari dopo la Brexit, dice il Regno Unito
L’Unione europea rischia di perdere il commercio internazionale a meno che non dimostri che è aperta agli affari dando alla Gran Bretagna un buon affare sulla Brexit, ha detto un alto ministro britannico. Il segretario del commercio internazionale Liam Fox ha detto in un’intervista a Londra che investitori e funzionari di tutto il mondo stanno aspettando i segnali che i restanti 27 paesi dell’UE saranno ancora competitivi dopo il mercato libero da pro UK.