Nuovo scontro in Europa dopo la Brexit. Ed è già crisi diplomatica. A pochi giorni dalla concretizzazione dell’accordo di uscita della Gran Bretagna, Londra non vuole riconoscere il pieno status diplomatico al primo ambasciatore dell’Unione Europea nella capitale britannica, João Vale de Almeida, e al suo staff di 44 persone. In cambio è disposta a concedere uno statuto e una immunità limitati, e dunque non in linea con i precetti della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche. Una offerta, oggi confermata anche dal portavoce del primo ministro britannico Boris Johnson, che però è stata rifiutata dalle feluche europee e di Bruxelles perché considerata “inaccettabile”.
Secondo quanto riferiscono a Repubblica fonti della delegazione europea, “il rischio della controversa posizione britannica è quello di creare un grave precedente: non tanto per la nuova rappresentanza dell’Ue basata a Londra ma per quelle basate in Paesi più complicati dove i diritti diplomatici e di immunità garantiti dalla Convenzione di Vienna sono fondamentali: pensiamo all’Iran, alla Cina, al Venezuela. Se il Regno Unito lancia un messaggio simile per cui i diplomatici europei non meritano gli stessi diritti, altre nazioni potrebbero seguire lo stesso esempio e, in certe aree del mondo, le conseguenze potrebbero essere potenzialmente gravi”.
Paradosso: ai rappresentanti e funzionari dell’Ue sono riconosciuti a pieno titolo i diritti della Convenzione di Vienna in 142 Paesi nel mondo, inclusi Cina, Iran e Venezuela, come capita ogni altro Stato sovrano. In questo contesto globale, il Regno Unito sarebbe dunque l’unica nazione a negare volontariamente tale immunità. Scrive Repubblica: “Londra, oltre a ribadire l’offerta di un’immunità limitata, risponde che non potrebbe concedere il pieno status perché creerebbe da par suo un “precedente” per cui altre organizzazioni poi rivendicherebbero lo stesso e ciò aprirebbe una “proliferazione” di richieste di riconoscimento della Convenzione di Vienna”.
Una giustificazione un po’ ardita, perché l’Unione Europea è l’unica organizzazione politica al mondo che ha questo status ibrido di rappresentanza collettiva e popolare, con una bandiera, una moneta unica per gran parte dei suoi membri, un Parlamento internazionale, un esecutivo come il “Consiglio europeo”, eccetera. Ma Downing Street non sembra riconoscerlo, pur smentendo che alla base ci sia un “antieuropeismo” in linea con la Brexit.
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