Altre parole, altri rimandi, altri commi, altri articoli, altre carte, altre incongruenze. In un momento di emergenza come l’attuale, il governo continua ad alimentare la macchina della burocrazia italiana, andando così a rallentare ancora di più quei processi che invece dovrebbero essere snelliti il più possibile per permettere a cittadini e imprese di non annegare. Se si legge il Decreto Legge 14 agosto 2020, ci ritroviamo di fronte a 115 articoli che scorrono lungo ben 54 pagine di Gazzetta Ufficiale. E dentro ce n’è per tutti, riportandoci esattamente dove ci eravamo lasciati: “un nuovo sterminato decreto legge – come osserva Sergio Rizzo su Affari&Finanza – pieno a sua volta di altri decreti ministeriali: nonostante ce ne siano ancora da scrivere 855 per far entrare in funzione le norme previste dai precedenti sterminati decreti”.
Come analizza Rizzo, “chi aveva immaginato che la breve sosta estiva avesse portato consiglio, deve ricredersi. Anche perché in fondo non è cambiato nulla. Difficile aspettarsi un approccio diverso. E si ricomincia, con l’economia che boccheggia, la pandemia sempre in agguato, le schermaglie politiche a far da rumoroso sottofondo. Mentre tutti i nodi restano da sciogliere”. Il più grande è certamente quello di Autostrade, caratterizzato da annunci, finte guerre dichiarate, chiacchiere inconcludenti, accordi farlocchi: e così siamo ancora nella fase della melina, nella quale soltanto l’attuale concessionario, i Benetton, ha ancora tutto da guadagnare. E intanto il viadotto ricostruito con un progetto regalato da Renzo Piano è tornato in gestione alla società Autostrade, ritenuta dai politici al governo responsabile del crollo. E la burocrazia è strumentale per la sacra regola del cambiare per non cambiare.
E cosa dire dell’Ilva? Stesso film, così come per Alitalia, “per cui il governo Conte – sottolinea amaramente Rizzo – ha stanziato 3 miliardi: somma ben superiore alle risorse messe a disposizione della scuola”. Resta da sciogliere, soprattutto, il nodo dei fondi europei. Persino in questo articolo di Repubblica ora si alzano toni ironici e incerti: “Sull’impiego del Recovery fund siamo ancora al carissimo amico. Sulla questione dei fondi europei, oltre l’assenza di idee, aleggia sempre la diffidenza di una fetta consistente del Parlamento”.
Il Recovery fund, ha annunciato Di Maio, potrebbe essere utilizzato per tagliare le tasse. L’ennesima bufala. Anche qui: la burocrazia è reale, non si può ignorare. Perché secondo gli accordi europei quei soldi devono essere destinati esclusivamente a investimenti nei settori a elevato contenuto ecologico e nella digitalizzazione, per modernizzare la pubblica amministrazione, sostenere lo sviluppo dell’imprenditoria privata e il rafforzamento delle strutture sanitarie. Ovviamente, nessuno ha mai pensato che Di Maio abbia mentito sapendo di mentire. No, semplicemente è che le cose non le sa proprio. O non le capisce.
Ti potrebbe interessare anche: Conte: “Alle Regionali M5S e Pd dovrebbero allearsi. D’accordo con Draghi sui giovani”