Una vera e propria bomba è esplosa nel mondo della medicina con la pubblicazione di un articolo su uno dei più prestigiosi giornali scientifici, il British Medical Journal. Due ricercatori canadesi della Queen’s University di Kingston, Maud Bernisson e Sergio Sismondo, hanno smascherato i trucchi utilizzati dal colosso farmaceutico statunitense Mallinckrodt per incrementare le vendite dei suoi oppioidi e farmaci antidolorifici. Il tutto, proprio mentre negli USA si diffondeva un’epidemia di dipendenza da oppioidi.
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I ricercatori hanno analizzato 1,3 milioni di documenti interni resi pubblici per ordine di un giudice. Da 900 di questi documenti emerge un quadro allarmante: un piano coordinato per influenzare la percezione dei medici riguardo alla medicina del dolore. Le pressioni sui medici aumentavano proprio mentre cresceva tra loro il dubbio sull’eccessivo numero di prescrizioni di questi farmaci, a causa della crescente preoccupazione per l’aumento dei casi di dipendenza da oppioidi.
Scandalo farmaceutico: le tattiche di Mallinckrodt svelate
I documenti rivelano come Mallinckrodt abbia tentato di sminuire le preoccupazioni relative alla dipendenza, descrivendole come una “fobia”. L’azienda definiva la dipendenza come “pseudo dipendenza” per minimizzare le conseguenze dell’uso di oppioidi. La dottoressa Adriane Fuh-Berman, esperta di marketing farmaceutico, ha spiegato che questo termine serviva a “distorcere i limiti di tolleranza e dipendenza”, distrarre i medici e nascondere il fatto che i loro pazienti erano realmente dipendenti.
Inoltre, Mallinckrodt ha spinto al massimo i limiti etici, presentando gli oppioidi come “medicine preventive” per il dolore cronico. Emblematica una mail di un manager delle vendite del 2013 che esortava: “Avete solo una responsabilità: vendere, vendere, vendere!”, senza preoccuparsi della salute fisica e mentale dei pazienti.
Già condannata in passato a pagare 1,7 miliardi di dollari per marketing ingannevole, Mallinckrodt continua imperterrita. Nel 2023, i suoi profitti sono aumentati del 25% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 262 milioni di dollari. Nonostante tre richieste di fallimento secondo la legge USA Chapter 11 per ridurre i debiti derivanti dalle 3.000 cause legali, l’azienda ha siglato un accordo di ristrutturazione per risarcire le vittime con 250 milioni di dollari, una cifra ben un miliardo inferiore a quanto inizialmente promesso.
Lo scandalo getta luce su pratiche spregiudicate che, in nome del profitto, mettono a rischio la salute pubblica, sollevando interrogativi etici profondi su come viene gestita la medicina del dolore e la dipendenza da farmaci.