Chi beve caffè, normale o decaffeinato, ha un rischio inferiore del 12% di morire a causa di disturbi cardiaci, di cancro, di ictus, di diabete, di problemi respiratori e di problemi renali. Ad suffragio di questa tesi due ricerche, una europea e una statunitense
Caffè come elisir di lunga vita? Parrebbe di si e a sostenerlo sono due importanti studi pubblicati su Annals of Internal Medicine. Uno di questi è il primo studio europeo su larga scala sul rapporto tra assunzione di caffè e rischio di mortalità, ed è firmato da 48 ricercatori da tutto il mondo coordinati da Marc Gunter, epidemiologo dell’International Agency for Research on Cancer. Il secondo studio invece, con autrice principale Wendy Setiawan della University of Southern Califonia, ha investigato sull’associazione tra caffè e mortalità su una coorte multietnica di 185.000 afroamericani, nippoamericani, latinoamericani e caucasici.
Entrambe le ricerche hanno svelato che, rispetto a chi non beve caffè, chi consuma una tazza di caffè da 235 ml (ben più grande della nostra tazzina, che è intorno ai 40 ml) al giorno ha un rischio inferiore del 12% di morte da tutte le cause (disturbi cardiaci, cancro, ictus, diabete, problemi respiratori e renali).
Va ancora meglio a chi consuma tre o più tazze: il rischio di mortalità, rispetto ai non bevitori, è più basso del 18%. In barba al detto comune “il caffè mi rende nervoso”.
Quali sono i composti benefici del caffè?
Il caffè contiene numerosi composti, come i polifenoli (potenti antiossidanti vegetali), gli acidi clorogenici (anch’essi composti fenolici), i diterpeni (presenti in resine e balsami vegetali). Tutti con proprietà antiossidanti.
Pare, però, che i benefici maggiori riportati dallo studio siano ad appannaggio dell’apparato digerente (rispetto ai non bevitori di caffè, chi consuma più di tre tazze di caffè, se maschio, ha una mortalità inferiore del 59% e, se donna, inferiore del 40%). Oltre un terzo delle cause di morte per malattie del tratto digestivo considerate nello studio riguarda il fegato. Ma come è possibile? Chi consuma caffè ha un migliore profilo enzimatico del fegato. Inoltre il consumo di caffè è associato anche a un migliore controllo del glucosio e un più basso tasso di infiammazione nell’organismo: infatti chi beve caffè ha valori inferiori di proteina C reattiva, che è un marcatore di infiammazione. Tutto ciò contribuisce a spiegare perché i bevitori di caffè hanno un rischio di morte inferiore.
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Il caffè decaffeinato ha le stesse proprietà?
Pare proprio di si in quanto non è la caffeina alla radice di questo presunto “effetto panacea” del caffè: per Marc Gunter l’associazione tra caffè e ridotto rischio di morte è stata riscontrata indipendentemente dalla presenza di caffeina nel caffè consumato.
Altri studi sul rapporto tra caffè e salute
Negli ultimi due o tre anni sono usciti su questo tema degli studi su grandi popolazioni, in particolare in Giappone e negli Stati Uniti (con 650.000 persone seguite per più di 10 anni), e anche lì è emerso che il consumo di caffè è associato a una diminuzione di mortalità in età medio/avanzata, come spiega Elio Riboli, direttore della School of Public Health all’Imperial College di Londra, coautore dello studio di Marc Gunter, nel quale è stato fatto un passo in più: si è visto che la riduzione è dovuta specificamente a un effetto protettore sulle malattie dell’apparato digerente e quelle cardiovascolari. In Italia studi fatti anni fa all’Istituto Nazionale di Nutrizione di Roma confrontarono il consumo di frutta e verdura con quello di caffè. Si vide che due o tre tazze di caffè avevano un effetto antiossidante pari se non superiore a quello ottenuto consumando frutta e verdura tre volte al giorno.
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