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Calenda contro il PD: ed è pronto per un nuovo partito. Le sue mosse

Carlo Calenda guarda avanti, parla di un’Italia “fragile e confusa” e ancia il fronte europeista contro quello dei populisti e dei sovranisti. Il Pd è troppo poco per sconfiggere i gialloverdi alle imminenti elezioni europee. “Bisogna andare alle Europee con un fronte più ampio promosso anche dal Pd, ma che includa parti della società civile e figure rappresentative della sinistra, fino ai liberali, e i movimenti civici. Questo fronte deve essere guidato da Paolo Gentiloni”. L’attuale governo, secondo Calenda, vuole “demolire la democrazia liberale: il Movimento 5 stelle vuole sostituirla con una democrazia (apparentemente) diretta; la Lega con una democrazia illiberale”. C’è poco da stare allegri, insomma: “Stanno assottigliando il ghiaccio sotto ai nostri piedi, l’Italia non è in sicurezza. Eppure non si scorgono segnali di allarme tra la maggioranza dei cittadini”.

Il problema, a questo punto, torna a essere quello dell’opposizione. Calenda è iscritto al PD, ma si sa che nella sinistra è sempre stato visto come un personaggio scomodo. Ha lavorato in Confindustria, ma questo glielo si perdona, e si è candidato la prima volta con Scelta Civica di Mario Monti, ma gli si perdona anche questo. Ciò che destabilizza tutti è in realtà la sua franchezza. E allora ha sempre detto la sua all’interno della maggioranza renziana e non è rimasto a guardare alla finestra dopo che si è insediato il governo gialloverde. Come si è arrivati alla deriva? Lui la spiega così…

Il centrosinistra aveva ridotto il deficit pubblico e la disoccupazione, riprendendo a crescere e con l’export a livelli record. Per non parlare poi delle riforme sociali senza precedenti. Ma… “A un certo punto abbiamo dato l’idea di non avere più un progetto per l’Italia ma solo per la conquista e il mantenimento del potere. Il Jobs Act, la gestione dell’immigrazione e i salvataggi delle banche hanno determinato una reazione negativa da parte dei cittadini”.

“Poi il varo di liste elettorali senza qualità, il partito a brandelli e soprattutto nessun progetto organico per il futuro hanno contribuito a determinare il disastroso risultato elettorale”. Ma Calenda ci va giù pesante anche con il “fuoco amico”, cioè quella parte del partito che ha alimentato la scissione: “Comunisti fino all’ultima pietra del muro di Berlino, blairiani il giorno dopo, populisti negli ultimi tre anni per opporsi a un governo guidato dal loro partito: la capacità camaleontica degli ex leader provenienti dal Pci ha finalmente disgustato la stragrande maggioranza degli elettori di sinistra”. E il futuro, allora?

“Il Pd è diventato una stanza di compensazione di interessi e rancori dove si litiga in pubblico e si raggiungono accordi al ribasso in privato. Nessuna elaborazione ideale, forza di mobilitazione, capacità di coinvolgimento può nascere in questo contesto. Qualsiasi tentativo di rianimarlo è di conseguenza miseramente fallito. È mia profonda convinzione che davanti al rischio mortale che corre il Paese il Pd non possa più produrre una risposta credibile”.

“Però non è tempo di fondare partiti personali. Farò di tutto per evitarlo, ma spero che faccia lo stesso chi ha avuto le maggiori responsabilità alla guida del partito e del Paese negli ultimi anni. Non possiamo permetterci ulteriori fratture nell’ala progressista, che ha bisogno di un luogo diverso per dare rappresentanza all’Italia che ha paura. Il tempo è poco. Le elezioni europee sono vicine, e penso anche quelle politiche”.

 

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