Sono notizie che non si vorrebbero mai dare, e che purtroppo in Italia continuano a essere all’ordine del giorno. Si lucra su tutto, soprattutto sulle tragedie. E così, si viene a sapere che la copertura metallica del tetto di uno degli edifici dello studentato di Camerino, ricostruito dopo il terremoto del 2016, si è staccata a causa delle raffiche di vento che hanno investito la città marchigiana. Come è possibile che sia successo? Eppure era nuovo di zecca l’edificio. La struttura era stata infatti inaugurata il 6 agosto del 2018, dopo essere stata donata dalle province autonome di Trento e Bolzano e dal land austriaco del Tirolo, che decisero di dare il loro contributo alla rinascita del Centro Italia terremotato costruendo uno studentato nelle immediate vicinanze dell’Università di Camerino.
La somma improntata? 9 milioni e 400mila euro. Quei soldi sono serviti per realizzare 20 moduli abitativi, ciascuno composto da 4 appartamenti di 100 metri quadri, su due piani, per un totale di 457 posti letto per studenti e studentesse. Un’opera indispensabile per il rilancio dell’Unicam e per tutta la città. Poi cosa è successo? Come sono stati spesi questi soldi se il tetto è già venuto via? Massimo De Luca, segretario della Fillea CGIL di Macerata, spiega: “È inammissibile che il tetto di un edificio venga scoperchiato dal vento. Se è accaduto è perché i lavori non sono stati svolti a regola d’arte”.
Fu proprio un’inchiesta di Fanpage, seguita a una segnalazione della Cgil di Macerata, a documentare nell’ottobre del 2018 come venivano svolti i lavori di realizzazione dello studentato di Camerino, cioè “con il massiccio impiego di manodopera irregolare. Gli operai – quasi tutti stranieri – venivano reclutati in varie città della provincia e impiegati nel cantiere dello studentato per 12/13 ore al giorno, sette giorni su sette. Gli appalti per la posa degli edifici dello studentato vennero vinti da due ditte trentine, la Ille Prefabbricati e la Costruzioni Dallapè, che a loro volta subappaltarono ad altre imprese”.
Spiegava ancora Fanpage: “Dallapè alla El.Gi. Srl di Corridonia, in provincia di Macerata, la cui titolare era Elisabetta Piccinno, falsa avvocatessa che in passato aveva patteggiato 4 anni e otto mesi per truffa dopo aver organizzato aste bluff e truffe per oltre 5 milioni di euro. El.Gi. si avvalse di ‘lavoratori in distacco’ (cioè, sostanzialmente in prestito) da parte dell’imprenditore pugliese Francesco Paolo Sacco, tutti operai ‘curiosamente’ assunti nello stesso giorno del distacco alla El.Gi. che pochi mesi prima, nel luglio 2018, verranno scoperti in un vecchio casolare inagibile senza acqua né corrente elettrica, senza stipendio a parte un piccolo acconto di poche centinaia di euro”.
A vigilare i lavoratori era Gianfranco Gnisci Iorio, condannato per millantato credito, in passato scoperto in flagranza a ricevere mazzette da decine di migliaia di euro. Iorio era il marito di Patrizia Petracci, titolare della Pama, altra impresa edile più volte menzionata dagli operai che lavoravano alla costruzione dello studentato. “Caporalato puro, nei lavori per la costruzione di uno studentato universitario, e nel cantiere più grande d’Europa”. E questo è.
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