Il calderone di Forza Italia ha fatto saltare il coperchio a furia di borbottii. Il braccio di ferro tra Silvio Berlusconi, leader del partito, e Giorgia Meloni, neopresidente del Consiglio, si è concluso a vantaggio della seconda, come era nelle previsioni.
E questo nonostante ben undici ministri del nuovo governo avessero già fatto parte dei governi Berlusconi. Un tributo che evidentemente Giorgia Meloni non sente di dover sancire con altri favori al leader. La disparità delle forze sta nei numeri venuti fuori dopo il voto, ma Silvio ci ha tenuto ha ricordare anche ieri per la fiducia in Senato, che se Giorgia è lì è grazie al fatto che ventotto anni fa lui fondò il centrodestra.
“La situazione è seria” all’interno del partito aveva detto ieri Berlusconi prima del voto, e infatti così è: i forzisti rischiano di perdere anche la battaglia del sottogoverno, quella, cioè, che prevede le nomine di sottosegretari, viceministri, presidenti di commissione.
Si è creata una prima evidente spaccatura tra i lealisti, afferenti alla figura di Licia Ronzulli, che è stata completamente segata da qualsiasi ministero da Meloni in persona. E poi ci sono i governisti, tra i quali spicca la figura di Antonio Tajani, cui il coordinatore del partito, Maurizio Gasparri, ha esplicitamente chiesto le dimissioni da tutti gli incarichi del partito.
In questo contesto la guerra interna è aperta e rischia di far crollare tutto, non solo Forza Italia.
Tajani ha ricavato una sponda con Claudio Lotito per fare in modo che il sottogoverno rispecchi la sua posizione; Ronzulli, che nel frattempo è capogruppo al Senato, spera in incarichi di sottogoverno per lei o per la sua squadra, e per questo va mettendo veti a quelli dell’altra fazione. La prima vittima è una pupilla del ministro degli Esteri, Annagrazia Calabria.
Della fazione Ronzulli sarebbe anche Gianfranco Miccichè, il quale, però, pare essersi risentito per la scelta della vicepresidenza, che è poi spettata a Gasparri. La vittima sacrificale di questo ulteriore strappo, potrebbe essere una figura di peso nel partito, rimasta fuori dai palazzi: Gabriella Giammanco. Il potente industriale siciliano, inoltre, potrebbe portare con sé il risentimento di tutta la fazione forzista meridionale, amareggiate per il lombardocentrismo dei ministeri. Capiremo se la battaglia sarà persa quando il senatore potrà decidere se rinunciare al seggio e sedere nella giunta siciliana.
Un partito in decadenza sembra aver messo in discussione anche il suo futuro, se è vero che resterebbe fuori dai giochi anche Marco Bestetti, coordinatore delle sezioni giovanili del partito e finora sempre in quota lealista, ma allontanato dal cerchio magico per via della sua vicinanza con la madrina Mariastella Gelmini, traslocata ad Azione. Potrebbe scalzarlo Tullio Ferrante, intimo di Marta Fascina.