Casaleggio “brucia” Di Maio, proprio nel momento più delicato, quello della sfida al consenso contro l'”alleato” Salvini. I 5 Stelle che più lo frequentano dicono che Davide Casaleggio è un po’ un computer, nel senso del software che gira con un linguaggio di programmazione binario. Non coglie le sfumature della politica, l’importanza dei tempi nelle dichiarazioni. Ed è così che cercano a loro modo di giustificare il fatto che a tre giorni dal voto che potrebbe stravolgere il governo abbia risposto al quotidiano francese Le Monde: “Il limite massimo dei due mandati non è modificabile, abbiamo sempre detto che la politica non è un mestiere”.
Ora, sembrerà un dettaglio in questa fase di caotica rissa quotidiana tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ma non lo è. Sullo sfondo del conflitto sceneggiato a favore delle urne c’ è sempre, sia nella Lega sia nel M5S, il retropensiero della regola aurea dei due mandati che rende i 5 Stelle azzoppati nella competizione con i leghisti.
È l’ arma in più di Salvini. Quella che potrebbe usare per scatenare la crisi, o per scongiurarla costringendo i grillini a subire la sua agenda. A seconda di quale sarà la convenienza. È un margine di vantaggio indiscutibile, che Di Maio ha ben presente. E nei calcoli che il capo politico sta facendo da mesi, in uno scenario fosco di probabile rottura della maggioranza, è un fattore che viene tenuto in grande considerazione.
Quando dai vertici del M5S, a fine 2018, filtrò l’ indiscrezione che si stava ragionando su possibili deroghe che avrebbero frantumato il divieto di andare oltre i due mandati, il ragionamento del leader era proprio questo: “Se Salvini vorrà capitalizzare il suo consenso lo farà sapendo che noi potremmo non avere la possibilità di ricandidarci e quindi che, a differenza loro, vogliamo restare a tutti i costi al governo”.
È, come si diceva, un punto debole, perché agli occhi dei grillini consegna a Salvini un potere di ricatto politico. Se il leghista decidesse di andare al voto sarebbe la decapitazione dei vertici M5S al governo. E ricordare, proprio oggi, a tre giorni dal voto, come ha fatto Casaleggio, che questa regola c’ è ed è intoccabile, non è una mossa che avvantaggia Di Maio. Anzi. In questo strano dualismo che resiste all’interno del M5S, l’erede del fondatore, continua a fare l’imprenditore, il regista della democrazia diretta senza dire troppo la sua sulle scelte più politiche.
Ma Casaleggio Jr, anche così, conserva a suo modo un potere sul M5S. È il custode delle regole, ideate dal padre Gianroberto, e ha le chiavi della banca dati della piattaforma Rousseau: gli iscritti. Donazioni e votazioni sono in mano sua. Il cervello informatico che guida il M5Sè suo. Ciao Di Maio!
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