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Case green, approvata la direttiva Ue: cosa cambia

Sono stati necessari dodici mesi per arrivare alla versione definitiva della direttiva Case green: un anno fa, infatti, il Parlamento europeo aveva adottato la sua proposta negoziale, poi sottoposta al vaglio del Trilogo, la trattativa informale tra istituzioni europee che si è chiusa a dicembre. Lo ricorda il Sole 24Ore, sottolineando che il confronto con i Paesi membri ha prodotto la modifica di molte misure e il loro ammorbidimento. Vediamo allora cosa è cambiato in questo anno nel testo della direttiva.
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La stretta sulle “case green”

La stretta sulle case “green” targata Ue supera l’ultimo ostacolo e taglia il traguardo in una veste più “soft” e con più flessibilità per i Paesi rispetto alla versione iniziale che aveva provocato una levata di scudi generalizzata, ma l’allentamento non basta a ottenere il via libera dei partiti della maggioranza di governo italiana, che in Aula si oppongono. Anche perché ci sono alcuni chiaroscuri: se lo stop alle caldaie a gas è rinviato al 2040, già dal prossimo anno i governi Ue dovranno però sospendere, senza sconti, i bonus per l’installazione. Ad ogni modo, con 370 voti a favore, 199 contrari e 46 astenuti, la direttiva sull’efficientamento energetico nell’edilizia (Epbd), con i suoi obblighi di ristrutturazione per ridurre l’impatto climatico degli immobili, ha passato l’esame ed è stata adottata in via definitiva dalla plenaria del Parlamento Ue riunita a Strasburgo. Hanno detto no Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che hanno a più riprese contestato il provvedimento parte del Green Deal. Contraria pure la new entry di Azione Fabio Massimo Castaldo, ex M5S, mentre a sostegno della direttiva si sono espressi Pd, Cinque Stelle, Verdi e Italia Viva. Dopo il sì dell’Eurocamera, per chiudere l’iter manca adesso soltanto un’ultima formalità, cioè il via libera dei governi riuniti nel Consiglio, entro la prima metà di aprile. La direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale: da quel momento, gli Stati avranno due anni (e alcuni margini di discrezionalità) per recepire le disposizioni nelle rispettive legislazioni: tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030; per quelli pubblici o occupati dalla Pa, l’obiettivo è anticipato al 2028.
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 Le classi energetiche

Nella riforma non c’è spazio per l’armonizzazione delle classi energetiche di consumo tra i Paesi Ue, quelle che vanno dalla A+ alla G, né l’obbligo del “salto di classe” a ritmi cadenzati e ravvicinati: gli Stati Ue dovranno garantire una riduzione di almeno il 16% (rispetto ai valori di riferimento del 2020) entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Tappe intermedie – che implicano interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, installazione di nuove caldaie a condensazione e di pannelli solari – per arrivare ad avere case e palazzi a emissioni nette zero al 2050, l’anno in cui l’Ue vuole essere climaticamente neutrale. Almeno il 55% del calo di consumo energetico dovrà essere conseguito ristrutturando il 43% gli edifici con le prestazioni peggiori (ma in questo computo possono essere contabilizzate i lavori di recupero delle case colpite da terremoti o inondazioni).

Le esenzioni

I Paesi Ue avranno poi la possibilità di applicare esenzioni per gli immobili storici e di pregio architettonico, di culto, agricoli, militari e per le seconde case.
Sul fronte dei sistemi domestici di riscaldamento, lo stop alle caldaie a combustibili fossili prenderà effetto solo dal 2040, ma agli Stati Ue viene chiesto di smettere i sussidi a partire già dal 2025; gli incentivi finanziari tipo ecobonus saranno ancora possibili, tuttavia, per i sistemi che presentano una quota considerevole di rinnovabili. Lato fonti pulite, poi, tutti i nuovi edifici dovranno essere “solar-ready”, cioè predisposti a ospitare i pannelli sui tetti. Di «testo dagli obiettivi finali (cioè le emissioni zero nel 2050, ndr) ben difficilmente realizzabili» ha parlato il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa: «Ci siamo battuti, con successo, per due anni, per eliminare le parti più pericolose per il risparmio degli italiani», che imponevano «rilevanti e costosi interventi su milioni di immobili entro scadenze quasi immediate», ma ciò non toglie che la prossima legislatura Ue «farebbe bene a ripensare» la stretta.

L’ammorbidimento della disciplina non è bastato a vincere l’ok delle forze di governo, che vedono nell’Epbd «un’ennesima follia europea» (così il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, riporta oggi il Messaggero), il simbolo di un’Ue «sorda e cieca alle esigenze di chi, con i sacrifici di una vita, ha potuto acquistare la propria abitazione» (la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli, FI) e della «gabbia ideologica del Green Deal che mette a rischio interi settori economici» (Nicola Procaccini e Carlo Fidanza alla testa delegazione Ue di FdI.

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