Caso Montaruli, volano stracci nella maggioranza di Governo. Dopo la condanna definitiva a un anno e sei mesi per i rimborsi pazzi quando era consigliere regionale del Piemonte, il sottosegretario all’Università Augusta Montaruli, fedelissima della Meloni, si è dimessa. Quasi in contemporanea era stato “l’alleato azzurro” a invitarla a un passo indietro, per bocca del vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia, che invitava Montaruli e il suo partito a “valutare se l’esito del processo mettesse imbarazzo il governo”.
Immediata la levata di scudi di FdI in difesa della Montaruli. “Gli avvoltoi, che pensavano di poter speculare su una vicenda che ha toccato tanti, anche tra coloro che si erigono a censori, e colpito pochi, sono serviti – scrivono i capigruppo meloniani Tommaso Foti e Lucio Malan -. A Fratelli d’Italia la morale non la fa nessuno, tantomeno la sinistra del professionale malcostume”. Il riferimento a Mulè è chiaro.
“Non ho sentito nessuno, ho scelto da sola – commenta Montaruli annunciando che si rivolgerà alla Corte Europea -. Sono innocente, ho deciso di dimettermi dall’incarico di governo per difendere le istituzioni, certa della mia innocenza. Se ciò non avvenisse sarei come coloro che vorrebbero demolito il senso dello Stato, rendendolo debole con una ricerca costante di una giustificazione alle proprie azioni, sentendosi moralmente superiori o cercando di piegare le norme ai comportamenti, addirittura ostentando clemenza verso chi agita l’arma del ricatto e per scappare dalla legge si vorrebbe ridisegnare vittima, rimanendo nell’ombra davanti alla ‘protesta più forte’ di chi la vita se l’è tolta davvero poco più di un anno fa. Tutto questo sì è stato decisamente imbarazzante”.
La Montaruli fa riferimento al suicidio di un anno fa dell’esponente di Forza Italia, Angelo Burzi, anche lui come lei finito sotto inchiesta per Rimborsopoli, che si è tolto la vita lasciando una dura lettera di accuse al sistema che lo aveva condannato. All’epoca, tra il 2010 e il 2014, Montaruli aveva 26 anni e tra le richieste di rimborso, per un totale di 42mila euro circa, finirono spese per borse firmate, libri hot, sex toys, cinture, fiori, cornici, orecchìni, cristalli Swarovski, epilatori elettrici, oltre a pranzi al bar, nei fast food, nelle piadinerie, colazioni in pasticceria e merende in yogurteria, insieme a cene in ristoranti costosi.
Se dai banchi della maggioranza anche gli alleati di FI non fanno sconti, sul caso Montaruli vanno all’attacco anche gli avversari politici. “Credo fossero doverose le dimissioni di Montaruli, ma stiamo aspettando quelle di Delmastro e Donzelli – afferma Elly Schlein, candidata alla segreteria nazionale del Pd -. Lo diciamo a Meloni che non ha ancora capito che è la premier, non più solo la leader di un partito”.