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Caso Vannacci, quelle pagine che preoccupano l’Esercito sulle missioni “coperte”

Nuova polemica sul caso Vannacci, Esercito in allerta. E lui minaccia. Come spiega La Stampa, “chi conosce le segrete cose militari, ha immediatamente notato alcuni passaggi dal tono ambiguo. Quasi fossero messaggi in codice. Vannacci, infatti, da comandante degli incursori dell’Esercito, ha partecipato a diverse operazioni ‘coperte’. Operazioni segrete, di cui nemmeno si dovrebbe conoscere l’esistenza. Parlando di sé in terza persona, il generale accenna a ‘chi a schivare proiettili e schioppettate si è trovato spesso in allegra compagnia in quelle missioni denominate ‘di pace’ dove però le fucilate non erano a salve e dove nessuno di noi ha mai girato in abiti sgargianti a distribuire pagnotte e caramelle”. Ecco a cosa si riferisce il generale.
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Il generale Roberto Vannacci

Le missioni segrete e il caso Vannacci, Esercito in allerta

I passaggi delicati di un libro non autorizzato sono diversi e riguardano le missioni segrete. Sul caso Vannacci l’Esercito in allerta. In quel primo delicatissimo passaggio, Vannacci si riferisce al periodo tra il 2006 e il 2016, durante il quale il generale ha preso parte alla Task Force 45. Le operazioni del gruppo avvenivano anche fuori dall’area di competenza italiana. “Quella fu guerra vera, con tanti morti e feriti. Nulla a che vedere con le azioni alla luce del sole, stile ‘italiani brava gente'”.
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In quello stesso periodo, mentre è possibile affermare davvero che parte dei militari italiani distribuivano caramelle, “gli incursori di Vannacci, come tanti loro commilitoni dei diversi eserciti della Nato, a un certo punto hanno preso a girare vestiti non con la divisa regolamentare ma come gli afghani, su jeep abbastanza anonime, armati fino ai denti. Sono andati loro a stanare gli ‘insurgents’ fino in cima alle montagne. Si muovevano sulla base di soffiate dell’intelligence per neutralizzare cellule di terroristi, prevenire attentati esplosivi, catturare leader talebani”.

L’attenzione dell’Esercito

Della parte meno luminosa della missione italiana in Afghanistan, i militari italiani non possono parlare, esiste la reale possibilità della violazione di segreto militare. Secondo La Stampa, Vannacci lo fa per “vendicarsi” del suo collocamento all’Istituto geografico militare, destinazione non gradita dal funzionario. Ecco un passaggio che La Stampa cita a supporto della tesi. “Se non esistesse il legante a presa rapida dei valori comuni da difendere come sarebbe possibile convincere i nostri soldati ad abbandonare le proprie famiglie e ad andare a morire a migliaia di chilometri da casa? Chi combatte e rischia la propria vita lo fa per due motivi: per un ideale e per i propri cari… dubito fortemente che la necessità di proteggere i ‘diritti differenziati’ e l’altrui cultura possa portare un cittadino a trasformarsi in combattente e a rischiare la pelle in battaglia”.

Le minacce del generale

“Stiamo attenti”, ha detto senza celare la sua rabbia il generale Vannacci alla giornalista Maria Antonietta Calabrò. Una minaccia ai vertici della Difesa. Magari proprio quelli che hanno avviato l’indagine interna per verificare se davvero il suo libro non necessitasse di autorizzazioni espresse. Il suo percorso all’interno dell’Esercito, a questo punto, sembra segnato. Valuterà le opportunità politiche, come dichiara a Zona Bianca, su Rete 4: “Io sono una persona, un professionista delle operazioni speciali e, come tale, non mi chiudo mai alcuna alternativa e le lascio tutte aperte. Quindi non dirò mai di no, ma dico che per ora faccio il soldato e continuo. In base a quello che sarà il futuro, le alternative, quello che avrò intenzione o piacere di fare, poi deciderò”.

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