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Caso Vannacci, Vittorio Sgarbi lo difende…

Vannacci Sgarbi difende generale dittatura

La pubblicazione de “Il mondo al contrario” di Roberto Vannacci ha scatenato un vespaio di polemiche. Il generale Vannacci, nel suo libro, espone tesi omofobe e attacca migranti e femministe, causando scalpore e scontri tra le alte sfere politiche e militari.

La questione ha portato alla luce il dibattito sulla libertà di espressione. “Non è compito della politica vagliare la correttezza morale dei contenuti degli scritti. Né del governo, né di un partito di minoranza”, ha dichiarato Giovanni Donzelli, coordinatore di FdI e fedelissimo di Meloni, rispondendo alle critiche del ministro della Difesa Guido Crosetto verso il generale.

Dopo le controversie scatenate dalla pubblicazione del libro, disponibile per l’acquisto online, Crosetto ha avviato un’azione disciplinare nei confronti di Vannacci, che ha portato alla sua destituzione e rimozione dalla carica di presidente dell’Istituto geografico militare.

Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, è intervenuto in difesa del generale, sottolineando l’importanza della libertà di espressione e di pensiero: “Abbiamo visto che è riconosciuto legittimo dai vertici dell’esercito il matrimonio di due persone dello stesso sesso. È un affare privato ma si consente che l’unione si compia in divisa. Non lo discutiamo ma, parimenti, dev’essere consentito non in divisa, ma in un libro, scrivere le proprie idee, tra l’altro legate a profondi principi cristiani senza patire sanzioni”.

Sgarbi ha poi continuato affermando che il generale Vannacci ha subito una “censura”. Ha esortato a rispettare tutte le posizioni e le libertà garantite dalla Costituzione, criticando quelli che vede come tentativi di “mortificare e spegnere il pensiero conservatore”.

Concludendo con parole forti, Sgarbi ha dichiarato: “Dopo il trattamento subito il generale Vannacci potrà ancora scrivere e parlare o dovrà essere umiliato dalla dittatura della minoranza attraverso l’autorità dello Stato? Questo è regime”.

L’episodio e le sue ripercussioni sollevano interrogativi fondamentali sulla libertà di espressione, il ruolo dell’autorità e i limiti delle opinioni in un contesto democratico.

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