La strada è ancora lunga, molto lunga. Ma il segnale che arriva dalle elezioni abruzzesi è quanto meno un primo passo verso il risveglio di quell’emisfero di sinistra che pareva essere precipitato in un sonno eterno e che ora, se non del tutto sveglio, sembra quanto meno reattivo. La coalizione che si è presentata alle regionali, grazie anche al traino del candidato Giovanni Legnini al quale sono andati applausi da tutto il fronte dem, è riuscita nella missione di superare i Cinque Stelle, attestandosi al 31% delle preferenze.
Non è bastato a strappare l’Abruzzo al centrodestra, con Salvini che ancora una volta ha potuto cantare vittoria pur senza strafare. Ma è stato un passo avanti deciso. Paolo Gentiloni ha analizzato così i risultati: “Il M5S ha perso 180 mila voti. Il centrodestra ne ha guadagnati 30 mila, il centrosinistra 45 mila. Un vero exploit, anche se insufficiente per vincere. Significa che il tripolarismo non è finito, ma il declino grillino riporta in primo piano l’alternativa tra centrosinistra e centrodestra”.
Parole che bruciano come sale sulle ferite del Movimento Cinque Stelle, intento a leccarsi le ferite e fare i conti con un flop a tutto tondo. Non solo l’ennesima resa di fronte al Carroccio, sempre più primo partito d’Italia come suggerito già da mesi dai sondaggi. Ma anche lo smacco del sorpasso subito dal rinato centrosinistra. Uno scenario che preoccupa, mettendo a serio rischio gli equilibri all’interno dell’esecutivo.
Sul fronte dem, l’Abruzzo ha riacceso la fiammella della speranza: obiettivo, ora, è confermare i buoni segnali alle prossime europee, quando il Pd potrà presentarsi come baluardo contro le derive populiste e isolazioniste delle forze di governo. Arrivasse un’altra conferma, tornerebbe sorprendentemente a battere il cuore di un partito del quale, con troppa fretta, molti avevano già organizzato il funerale.
Il Partito della Nazione nascerà davvero: e c’è già il (possibile) leader