In queste ore si parla di ormai dimissioni certe per Giuseppe Conte. Il premier salirà al Quirinale prima del voto in Aula su Bonafede. Questo perché i numeri sono risicati e col voto contrario dei renziani il governo si troverebbe sotto. Conte però punta al reincarico per un Ter a maggioranza allargata, inglobando centristi e vari pezzi di Forza Italia. Ed è proprio questa opzione a spaccare il centrodestra. Se Conte lascia, una trentina di parlamentari vicini a Carfagna e Brunetta sarebbero pronti a sganciarsi, mentre la parte più leghista del partito di Berlusconi resterebbe ancorata a Salvini e Meloni, i quali vorrebbero andare subito al voto per affermare il consenso che gli darebbero i sondaggi.
Come racconta Lopapa su Repubblica, “se davvero si aprirà una nuova partita, allora una decina dei 52 senatori di Forza Italia e una ventina (qualcuno del gruppo azzarda 25) dei 91 deputati sono pronti a sganciarsi per giocare in proprio. Soprattutto se Silvio Berlusconi non si rassegnerà a uscire dal cono d’ombra sovranista. Coi parlamentari più vicini a Mara Carfagna e alla sua corrente “Voce libera”, attendono un segnale anche i tre senatori di “Cambiamo” con Giovanni Toti (Berruti, Quagliariello e Romani), almeno due Udc (Binetti e Saccone). Un mini esercito, insomma, per nulla disposto a sostenere l’attuale premier, il Guarda sigilli Bonafede e la sua relazione sulla giustizia, se sarà messa ai voti a metà settimana”.
L’invito da parte di tutti i malpancisti del centrodestra, in queste ore, è a chiudere questa esperienza e ad aprirne un’altra. “L’interlocuzione – mediata in molti rasi da Gianni Letta o da Renato Brunetta, dalla stessa Carfagna, da Quagliariello – è serrata con esponenti di vertice del Pd. Si parla di Franceschini e Guerini, per esempio. La tesi, a sentire il “totiano” ed ex berlusconiano Paolo Romani, è che ‘occorre un governo di salvezza e di unità nazionale, una compagine ministeriale seria, professionale e in grado di affrontare l’emergenza’. Non questa, sottinteso. E siccome ‘è impensabile una campagna elettorale in queste condizioni’, prosegue il ragionamento la centrista Paola Binetti, ‘il premier Conte ci pensi e individui le soluzioni migliori'”. Un invito a fare un passo indietro.
Il governo “non ha i numeri, ne serve uno di salute pubblica”, insiste Giovanni Toti. Altri, come il senatore forzista Andrea Cangini (vicino a Carfagna) e il deputato Osvaldo Napoli, sostengono con meno diplomazia che “l’ostacolo per l’uscita dalla crisi è l’attuale premier”. Nelle prossime ore potrebbe risolvere lui stesso il problema. Certo è che i tentativi di portare singoli parlamentari di Fi in maggioranza hanno fatto perdere le staffe al Cavaliere. “Ieri pomeriggio se ne lamentava al telefono coi parlamentari che lo chiamavano: ‘Ma Conte come si permette a far contattare i nostri uno per uno?’, è sbottato dopo aver saputo dell’ultima telefonata che avrebbe raggiunto Felice D’Ettore, deputato e collega docente universitario (di Diritto privato) dell’avvocato Conte a Firenze”.
Irritazione a parte, la posizione di Forza Italia nel centrodestra si va ammorbidendo giorno dopo giorno. “Adesso Antonio Tajani sostiene di ‘non aver mai spinto per le elezioni’ e che ‘se Conte cade la parola va al Colle’. Giorgio Mulé sostiene che ‘vogliono lo scalpo di Fi ma non glielo daremo mai’. Ma quel che accadrà nelle prossime ore resta un’incognita. Meloni torna a insistere sul voto subito. E così Salvini dai talk tv: ‘Non esistono nuove maggioranze, al governo minestrone preferisco il voto'”. E alletta Berlusconi lanciandolo verso il Colle.
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