C’era una volta la generazione X, ossia i nati tra gli anni sessanta e gli anni ottanta, che cercavano lavoro dapprima acquistando gli inserti dedicati alla ricerca e selezione del personale dei quotidiani e, successivamente, sfogliando gli annunci presenti sui principali siti di annunci di lavoro.
Di fatto, l’arrivo delle cosiddette “job board” come Monster o Infojobs, sembrava una grande innovazione ma si trattava semplicemente di una migrazione degli annunci dalla carta stampata al web.
Quello che un potenziale candidato cercava era essenzialmente:
- Un’azienda solida con una storia che potesse dare garanzie per il futuro
- Un ruolo in azienda ben definito con uno schema di crescita professionale chiaro
- Delle mansioni e dei compiti allineati alle caratteristiche del proprio profilo professionale
Era del tutto normale trovare offerte di lavoro in cui non si fornivano troppi dettagli sull’azienda, e certamente non venivano date informazioni su argomenti quali “orario di lavoro” o “struttura manageriale”. Anzi, era abbastanza frequente imbattersi in annunci anonimi del tipo: “multinazionale in espansione cerca…”, in cui non compariva nemmeno la ragione sociale ed il logo del potenziale datore di lavoro.
Il fulcro centrale di un offerta di lavoro erano semplicemente i task da svolgere in azienda. Un elenco di requisiti obbligatori o graditi formato da “hard” e “soft” skill che veniva letti con grande attenzione dal candidato.
Nel caso di un giornale, tale lettura poteva essere un prendere un po’ più tempo, con l’avvento della tecnologia, i motori e gli agenti di ricerca hanno notevolmente facilitato il processo di matching.
Anche il colloquio era fortemente incentrato sui contenuti di una proposta di lavoro. Da una parte il recruiter aveva l’obiettivo di valutare l’esperienza, le conoscenze e l’attitudine di un candidato. Dall’altra l’intervistato, si limitava a rispondere alle domande cercando di facilitare il compito al recruiter ostentando sicurezza e fiducia nei propri mezzi.
La ricerca di talenti, era nettamente appannaggio di aziende che potevano vantare un brand noto e percepito positivamente. Le azioni di “employer branding” non erano altro che campagne pubblicitarie analoghe a campagne di prodotto ma focalizzate sul recruiting.
Negli ultimi anni però, si sono affacciati sul mercato del lavoro i “nativi digitali”, anche detti “millennials”, “echo boomers” o “generazione y” e molte delle dinamiche che regolano il recruitment sono state stravolte.
I millennials non rispondono agli annunci ma cercano l’engagement con un datore di lavoro
I millennials tendono a non essere interessati nelle mansioni che dovranno svolgere all’interno di un’azienda. O almeno non sono interessati a un elenco di richieste simili ad un menù. La loro priorità è accertarsi che il potenziale datore di lavoro sia in grado di allinearsi ai loro valori e che sia culturalmente vicino alle loro esigenze.
Inviare un CV e confrontare offerte di lavoro è diventato un processo rapido e di facile esecuzione ma il millennial preferisce trovare informazioni addizionali sull’azienda, magari interagendo con i suoi dipendenti ancor prima di un colloquio o scovando opinioni e recensioni su Internet.
Per tal motivo è importante per un datore di lavoro accettare l’engagement e il dialogo con i candidati.
I millennials non si fidelizzano facilmente
Com’è noto, i millennials non si fidelizzano facilmente ad un azienda. La mancata fidelizzazione riguarda essenzialmente il rispetto delle promesse fatte in merito alle prospettive. Paradossalmente è più importante la crescita economica dello stipendio iniziale.
I millennials infatti pretendono rispetto, non vogliono essere considerati un numero e non accettano gerarchie troppo pronunciate e formalità esagerate.
I millennials possono dare tutto e portare grandi benefici solo se il datore di lavoro mostra la volontà di fidelizzarli venendo incontro alle loro esigenze personali.
Ecco perché è importante pensare agli orari flessibili. Un millennial potrebbe rifiutarsi di essere in ufficio alle 8 in punto perché la sua esigenza personale lo porta ad andare a letto tardi. Ma d’altro canto un millennial fidelizzato non ha problemi a lavorare di notte o il weekend per portare a termine un task.
La responsabilità sociale di un impresa è un valore
Ma quali sono i valori che il millennials ritiene fondamentali?
In primo luogo c’è la responsabilità sociale. L’aspettativa è quella di lavorare per un azienda che è attenta alla salute ed al benessere dei propri clienti e dei dipendenti. In generale, un azienda che dimostra di saper investire in aspetti che hanno un impatto sociale positivo sull’ecosistema diventa automaticamente più competitiva nell’attrazione dei giovani talenti.
Famiglia e futuro
Un altro aspetto cruciale che influenza la scelta lavorativa di un millennial riguarda la possibilità di poter avere tempo e strumenti per garantire il benessere ai propri genitori ed alla propria famiglia.
I genitori dei baby boomers ma anche della generazione X erano più giovani ed autosufficienti, mentre oggi il millennial spesso ha genitori più anziani dei quali si preoccupa più di quanto si immagini.
Allo stesso modo, i giovani di oggi, sono consapevoli delle incertezze che potranno esserci quando la loro età sarà avanzata e valutano positivamente la presenza di piani di investimento pensionistici e strumenti di risparmio.
I millennials si affacciano al mondo del lavoro dopo un periodo di forte recessione in tutti i paesi maturi e la loro fidelizzazione è fortemente dipendente dalla capacità del datore di lavoro di fornirgli i mezzi finanziari per garantirsi un futuro tranquillo.
La sfida per le aziende che cercano giovani laureati di talento è quella di saper usare un linguaggio diverso, decisamente meno formale, per identificare il potenziale di un candidato attraverso il dialogo. E’ importante sapere che un millennial arriverà a un colloquio già molto informato sull’azienda e non esiterà a provocare per accertarsi che esistano i valori a cui lui tiene.
E’ poi di fondamentale importanza che un banale annuncio di lavoro che non contiene informazioni tali da consentire ad un millennial di fare le sue valutazioni non otterrà grandi riscontri qualitativi.
E’ più probabile che lo stimolo arrivi da un articolo ricco di contenuti multimediali che parla del lancio di un innovativo prodotto eco-sostenibile o da un video condiviso sui social network che mostra un team interno che parla entusiasticamente del proprio ambiente di lavoro.
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