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Crisi di governo, cos’è davvero il Tap: tutti ne parlano, pochi lo sanno

Tutti ne parlano, pochi hanno capito cos’è. Il Tap, nuovo elemento di distrazione di massa del governo gialloverde. L’Italia è percorsa in lungo e in largo da più 35mila chilometri di grandi metanodotti di trasporto a lunga distanza, invisibili sotto città, campagne e foreste, insensibili a terremoti e altri eventi. Il Tap (Trans Adriatic Pipeline) che molti contestano e che il Governo ha appena riconfermato è un metanodotto del cosiddetto Corridoio Sud che, con 4,5 miliardi di investimento, servirà a portare in Europa il gas estratto in Azerbaigian dai giacimenti sotto il fondo del mar Caspio. L’intera tubatura, 40 miliardi di investimento complessivo, attraversa la Georgia, percorre in Turchia le montagne dell’Anatolia, passa i Dardanelli, attraversa la Grecia e le montagne dell’Epiro fino alla costa albanese.

Il Corridoio Sud assume diversi nomi secondo il tratto: si chiama Tap il tratto Grecia-Albania-Italia e costa circa 4,5 miliardi. Tutto il tratto fino alla costa albanese è stato già posato e in completamento. Poi la tubazione s’immergerà nell’Adriatico per toccare il suolo italiano nel mare di fronte alla contrada San Basilio, frazione San Foca, comune di Melendugno, provincia di Lecce. Dal mare il tubo arriverà fino al futuro terminale di ricezione a 8 chilometri nell’interno, in contrada Masseria del Capitano a Melendugno, dove finirà il Tap propriamente detto.
Questo tratto è in costruzione ma i lavori sono fermi.  

Un’altra società, la Snam, dovrà posare altri 56 chilometri di tubazione attraverso il Salento per arrivare fino al gasdotto della dorsale nazionale a Brindisi. Questo ultimo tratto non è ancora avviato. In provincia di Lecce ogni anno si abbattono o si spostano circa 40mila olivi per posare tubi del gas, condutture della fogna, tubazioni dell’acqua potabile; per realizzare marciapiedi e canalette sul ciglio della strada; per nuove edificazioni. La Puglia è attraversata da 14mila chilometri di tubi del gas.

Il sindaco di Melendugno Marco Potì è uno dei più attivi contestatori del progetto Tap. Potì rifiuta con nobile sdegno perfino i 12 milioni di progetti sociali e ambientali offerti invano dalla società Tap. La pista ciclabile? No. La sponsorizzazione all’associazione? Giammai. La ripulitura delle spiagge? No e poi no. Il concorso letterario? Macché. Per il sindaco rinunciare ai 12 milioni è più dignitoso che accettare il compromesso.

Quando le ruspe avranno scavata la trincea e posata la conduttura, poi lo stesso terreno di prima sarà rimesso esattamente sopra al tubo e gli stessi 446 olivi saranno ripiantati nella stessa terra con precisione al metro, girati verso il sole con le foglie orientate come prima. Problema: da aprile l’area è sotto sequestro preventivo della magistratura, sequestro confermato qualche giorno fa dalla Gip di Lecce con soddisfazione dei comitati No Tap. Qual è il problema? In primavera, nell’ennesimo ricorso per cercare di bloccare l’opera, il Comune di Melendugno e i movimenti anti-Tap dissero che la zona delle Paesane è sottoposta a vincolo paesaggistico e quegli olivi, no, non vanno toccati e la tubatura non deve passare in quel lotto 5. Adesso tutto è fermo.

Il tubo sottomarino (per il quale si aspetta di avviare il tunnel sotto la spiaggia) approderà a 800 metri al largo della frazione turistica di San Foca, dove il mare è profondo una quindicina di metri, e senza uscire allo scoperto il serpente d’acciaio striscerà nell’entroterra di Melendugno.

 

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