Siamo letteralmente sommersi dalle informazioni: terabyte di dati che ognuno di noi produce quotidianamente, conserva dal passato, cerca online. Gestire l’informazione è diventata la nuova urgenza, sia in termini di organizzazione dei dati che di loro fruibilità e accessibilità nel tempo (pensate al problema dell’obsolescenza tecnologica dei formati dei dati).
Esiste una disciplina che si occupa di questo e che cerca di organizzare i dati e le informazioni che sono attorno a noi: si chiama architettura dell’informazione, ed è nata nel decennio scorso in America come supporto alla organizzazione e definizione di ambienti informativi in ambito digitale.
Qui in Italia si sta diffondendo negli ultimi anni, ma sono ancora poche le figure professionali in grado di occuparsene e c’è scarsa consapevolezza da parte di chi sviluppa ambienti sia fisici che virtuali.
Di cosa si occupa l’architettura dell’informazione?
Il suo scopo è rendere le informazioni contenute in qualsiasi ambiente (ma in particolare in quelli digitali) accessibili, fruibili, e per questo di valore perché in grado di essere percepite e utilizzate dall’utente. L’architettura dell’informazione è la base di ogni interazione tra uomo e sistema: pensate che va definita l’architettura informativa di un sito web come quella di un dispositivo elettronico per la produzione industriale, va organizzata la segnaletica interna ad un museo ma anche la sequenza di azioni che compiamo quando preleviamo soldi da un bancomat.
L’informazione è ovunque attorno a noi, e anche se non ce ne accorgiamo c’è qualcuno che la organizza. Gli strumenti per farlo sono software e sistemi di mappatura che consentono di disegnare e progettare ambienti informativi complessi ma funzionanti in cui gli utenti navighino senza disagio.
L’associazione di riferimento in Italia è Architecta, società italiana di architettura dell’informazione, che ogni anno organizza un summit per l’aggiornamento e il confronto della comunità di pratica.