È notizia di adesso che Matteo Renzi è stato “ingaggiato” da Davide Serra per il suo think tank “Algebris Policy & Research Forum” insieme all’ex vice primo ministro britannico liberale Nick Clagg. In molti hanno storto il naso di fronte alla scelta di Renzi di portare alla luce del sole (e in modo del tutto evidente) questa sua strettissima relazione con Serra. Perché? Perché la figura di Davide Serra, da sempre vicinissimo all’ex presidente del consiglio, è associata a quella parte di mondo che la sinistra “vera” vorrebbe combattere, invece che andarci a cena insieme.
Davide Serra ha agito nell’ombra finora, ma sempre guardando da molto vicino l’operato dell’amico Renzi. Ma chi è veramente Davide Serra? E qui se ne scoprono delle belle. Da finanziere “rompiscatole”, che si presentava alle assemblee di Generali per contestarne la gestione, è arrivato a fare il banchiere. La sua escalation è partita con la partecipazione all’aumento di capitale del Credito valtellinese, ex banca popolare, che ora vede la sua Algebris (società di Serra) potenziale azionista al 5,2%. L’alchimia con Renzi, invece, sboccia nel 2012, con tanto di finanziamenti elargiti da Serra alla renziana Fondazione Open, che organizza la Leopolda.
La ricchezza di Serra è nata nel settore dei crediti marci delle banche, i cosiddetti npl (non performing lonas). Un recente rapporto di Ernst&Young, dall’eloquente titolo “navigare nelle opportunità italiane del credito”, ha messo in fila tutti i primi colpi di Algebris tra il 2015 e il 2016: 172 milioni di npl rilevati da Deutsche Bank, 320 milioni dalla Cassa di risparmio di Bolzano, 450 milioni dalla Bper (in coppia con il fondo Cerberus). In effetti Serra, che nel 2006 aveva lanciato Algebris un po’ come hedge fund (fondo di investimento speculativo), con uffici a Londra e Lussemburgo, nel 2014 ha deciso di buttarsi forte sul settore degli non performing loans.
Il salto di qualità, dopo le operazioni censite da Ernst&Young, arriva però nel 2017, quando Algebris riesce a farsi assegnare dal Banco Bpm un portafoglio di crediti difficili della bellezza di 693 milioni di euro. Cifra niente male per l’Algebris Npl Fund II, il veicolo creato da Serra nel dicembre del 2016 proprio per fare incetta di questi asset sul mercato italiano. Gli ultimi aggiornamenti dicono che dal lancio questo fono ha investito già 1,4 miliardi di euro, frutto di 41 operazioni concluse con 20 banche.
Da quando nel 2014 ha acceso un faro sul settore, Algebris avrebbe rilevato npl del valore nominale di 2,6 miliardi, frutto di 75 operazioni con 35 banche. Ma presto gli investimenti complessivi in crediti difficili potrebbero salire a 3 miliardi: dietro l’intervento in Creval, infatti, Serra punta a farsi assegnare un portafoglio npl di circa 500 milioni (“progetto Gimli”).
Di recente Serra ha stretto ottimi rapporti con Massimiliano Bertolino, amministratore delegato di Frontis Npl, gestore milanese di crediti bancari difficili a cui Algebris si affida sempre di più per la profilazione dei vari debitori. Il tutto, naturalmente, nell’ottica di un più vantaggioso recupero delle posizioni. Oggi Renzi non è più a palazzo Chigi, ma con questa “scusa” del think tank, sembra che il sodalizio tra i due sia sempre più stretto, e soprattutto proiettato e una nuova mossa dell’ex presidente del consiglio (a cui il PD, forse, sta sempre più stretto).