Viktor Orban e Matteo Salvini: un incontro che aveva fatto il giro del mondo, quello andato in scena lo scorso 28 agosto a Milano tra il leader ungherese e il numero uno della Lega, entrambi a capo di forze politiche che sfidano apertamente le istituzioni europee. E proprio intorno al primo ministro ungherese si gioca in questi giorni una partita importante per il nostro governo, il voto per attivare la procedura prevista dall’articolo 7 nei confronti dell’esecutivo dell’Ungheria accusato di gravi violazioni sul fronte dei diritti civili. Un passaggio che potrebbe dividere proprio Cinque Stelle e leghisti, con i secondi schierati a difesa strenua del politico ungherese e i primi pronti a un clamoroso strappo. Ma chi è davvero questo Orban che continua a dividere l’opinione pubblica?
Come da tradizione nella storia dei partiti populisti e sovranisti, il successo di Orban è legato alla sua feroce opposizione alla politica di accoglienza perseguita dalla Germania della Merkel, con la proposta nel 2015 di una serie di radicali provvedimenti per contenere l’immigrazione e difendere quella fede cristiana a suo dire minacciata dall’islamizzazione. Dal 2010, anno del ritorno dello stesso Orban al governo, l’Ungheria ha assunto posizioni sempre più in contrasto con l’Unione Europea e ha visto più volte emendata la sua Costituzione. Un paradosso in un Paese che è il quarto maggior beneficiario netto dei fondi europei e che ha visto Orban da un lato sfruttare proprio quelle somme per consolidare il suo potere e dall’altro continuare a lanciare campagne contro l’Ue, soprattutto a ridosso delle varie tornare elettorali.
Stando alla denuncia fatta dalla Commissione per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, non solo i diritti dei migranti e dei rifugiati ma anche quelli delle donne e delle minoranze interne sono tra i meno protetti d’Europa. Orban e il suo partito, il Fidesz, hanno acquisito anche il controllo del sistema economico. In un Rapporto del 2017 del Center for European Studies di Harvard, Henning Meyer ha ricordato come Orban “abbia obbligato le imprese straniere a vendere i loro assets ad imprese pubbliche ungheresi o polacche (controllate da manager da lui nominati), introducendo una legislazione fiscale discriminatoria verso le prime e favorevole alle seconde”. “L’ordine liberale è al collasso” continua a sostenere d’altronde Orban. Che adotta una politica, in tema di immigrazione, molto in contrasto con quella italiana, fermamente contrario alla gestione collettivamente i flussi. Ma che continua a piacere, a Salvini e non solo.