In attesa di una svolta sul futuro incerto del commercio con la reintroduzione delle chiusure domenicali, torna l’allarme delle imprese sugli impatti economici che questa proposta di legge potrebbe scatenare. Se la riforma, fortemente caldeggiata dal Movimento 5 Stelle nonché dal vicepremier Luigi Di Maio, dovesse realmente partire dall’anno prossimo, si preannuncia già un taglio netto di 34 miliardi di fatturato e circa 90 mila posti di lavoro, di cui 80 mila nel commercio al dettaglio e 10 mila nel commercio all’ingrosso. Questo è la triste previsione emerso dallo studio di Bain & Company per Confimprese, che mette in luce le conseguenze economiche della proposta avanzata dai Cinque Stelle sullo stop alla liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura dei negozi. Attualmente la legge offre la facoltà di aprire la domenica solo ai negozianti.
Secondo Bain & Company, nel corso del primo anno del nuovo regime si registrerà una flessione pari al 13% sul fatturato annuo del retail, mentre saranno ancora peggiori le ripercussioni sugli addetti vendite, perché le chiusure domenicali e il calo a due cifre dei ricavi creerà i presupposti per circa 90mila esuberi. Si tratta di 70mila lavoratori nel commercio al dettaglio, impiegati dalla grande distribuzione e dalle insegne anche quelle minori del commercio moderno, oltre ad altri 10mila persone nell’ambito commercio all’ingrosso. Allargando gli effetti sull’indotto ci sono altri 10mila posti a rischio. Sono quelli legati alla ristorazione a causa del minore afflusso di clienti nelle aree dello shopping, nei trasporto pubblico, tra gli addetti ai servizi e del tempo libero oltre ai lavoratori impegnati, per esempio, nella vigilanza, la logistica, le pulizie. Un altro aspetto negativo di cui lo studio di Bain-Confimprese ha messo in luce è che le uniche attività commerciali che non saranno colpiti dalla nuova normativa saranno i negozi online, che anzi ne trarranno ulteriori profitti.
Lo studio di Bain è stato presentato lo scorso 11 dicembre a Luigi Di Maio, incontro durante il quale Mario Resca, il presidente di Confimprese, ha colto l’occasione per lanciare una riflessione al Governo sulla questione delle chiusure domenicali: “Il Paese è a un passo dalla recessione economica e ancora parliamo di chiudere i negozi le domeniche. Come possiamo fare ripartire i consumi, che sono al palo, adottando una misura recessiva che ci fa tornare indietro di vent’anni?”. Oltre l’allarme di Confimprese, sono arrivate anche forti critiche e polemiche dalle principali associazioni di categoria e non solo: si sono espressi contrari alle chiusure domenicali anche il Governatore della Liguria Giovanni Toti, insieme al Sindaco di Milano Giuseppe Sala che, ha etichettato aspramente la misura come “folle”, ed affermando: “La facessero ad Avellino, qui a Milano non ci rompano le palle”. Intanto in questo clima di pesante incertezza, molte catene del commercio stanno rivedendo al ribasso i piani d’investimento per i prossimi anni. C’è chi l’ha già fatto e altre insegne addirittura ha stoppato i programmi di nuove aperture non solo nei centri commerciali ma anche nelle vie dello shopping dei centri storici considerando l’alto livello di incertezza che penalizza la propensione ai consumi delle famiglie.
La proposta sulle chiusure domenicali avanzata dal Ministro dello Sviluppo, dovrebbe prevedere un meccanismo di turnazione che tenga aperto solo il 25% degli esercizi. La misura, attualmente all’esame della decima Commissione, che ha ignorato i ripetuti appelli giunti dal mondo delle imprese, era stata annunciata dal Ministro Di Maio ad inizio settembre, in occasione della Fiera del Levante. “Entro l’anno approveremo la Legge che impone lo stop nei fine settimana e nei festivi a centri commerciali”, aveva detto in quell’occasione il leader dei Cinque Stelle, aggiungendo che “liberalizzazione sta infatti distruggendo le famiglie italiane”. Le conseguenze del provvedimento allo studio invece non sembrano spaventare la classe politica. Secondo il portavoce dei pentastellati in commissione Attività produttive alla Camera all’inizio di gennaio è previsto l’arrivo della proposta di legge per il voto definitivo.
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