La madre di Ciccio e Tore non si dà pace: “Fu un omicidio, bisogna riaprire l’inchiesta”. Sono passati ormai quasi 17 anni da quel tragico 5 giugno 2006. Quel giorno, i due fratellini di 11 e 13 anni, Francesco e Salvatore Pappalardi, sparirono per sempre. Soprannominati affettuosamente Ciccio e Tore, furono ritrovati solo 20 mesi dopo. I loro corpi nel pozzo di una famosa casa abbandonata a Gravina di Puglia, il loro paese in provincia di Bari. Troppe cose non tornano, per cui la madre, Rosa Carlucci, e il padre ed ex marito della donna, Filippo Pappalardi, tornano a chiedere giustizia.
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Ciccio e Tore, la madre: “Riaprite l’inchiesta, fu omicidio e non fatalità”
Secondo la Procura di Bari, i poveri fratelli Pappalardi morirono per un tragico incidente durante i loro giochi. Probabilmente correvano nella giardino della casa abbandonata, la cosiddetta “Casa delle cento stanze”, quando Ciccio finì nella cisterna, morendo sul colpo. Tore lo raggiunse poco dopo, forse per tentare di salvarlo, ma non ci riuscì e morì lentamente a fianco al corpo del fratellino.
Nei venti terribili mesi che passarono dalla loro ultima apparizione fino al loro ritrovamento, vennero fuori i dissapori tra i due ex coniugi e tra la madre dei due e la nuova compagna del padre. Alla fine, fu proprio il papà, Filippo Pappalardi, a scontare quattro mesi di carcere per un duplice omicidio che non aveva commesso. Nel 2012, la procura aveva già detto di no a Rosa Carlucci, la mamma, che aveva chiesto di riaprire le indagini per omicidio. Nel 2021 è stata la volta del papà. Ha fatto un appello per la riapertura delle indagini. Il sindaco disse anche che le tombe in cui sono ospitati i due fratellini erano state profanate.
“Ecco perché riaprire l’inchiesta” per la morte di Ciccio e Tore, le strazianti parole della mamma
Forse Rosa Carlucci, mamma di Ciccio e Tore, conosce i recenti fatti di cronaca, che mettono a nudo possibili prove di coraggio alla base di morti assurde per tanti ragazzi, come nella recente tragedia di Sondrio. Nel 2006, certo, non c’erano i social, che oggi fanno diventare virali le sfide e le prove di coraggio più stupide tra ragazzini, ma queste ci sono sempre state.
“Fu molto più di una prova di coraggio. Qualcuno istigò i miei figli ad andare lì e potrebbe anche averli uccisi. Da soli non si sarebbero mai avvicinati alla ‘Casa delle cento stanze’, anche perché era un posto che non frequentavano. Sono sicura che con loro ci fossero altri ragazzi, che sapevano dov’erano finiti e non hanno mai voluto parlare”.
“Ci sono stati troppi errori nelle indagini. Gli inquirenti considerarono inattendibili le testimonianza dei ragazzi, ma alcuni dettagli corrispondevano. Uno di loro disse di aver messo una lastra di compensato sul buco di ingresso del pozzo, per vedere cosa succedeva se ci salivi su. E nella cisterna in cui sono stati trovati i miei figli c’erano frammenti di compensato, anche sulla schiena di uno dei due. Come ci è finito del compensato accanto ai loro corpi? Sono stati spinti, o addirittura scaraventati contro questa lastra? Chi ha rilasciato queste dichiarazioni non è più stato ascoltato, perché? È evidente che con Ciccio e Tore ci fosse qualcuno che non ha mai voluto dire niente, ragazzini che hanno taciuto e adulti che li hanno convinti a non parlare”.
Un silenzio che sarebbe costato almeno la vita di Tore. “Francesco purtroppo morì sul colpo, ma forse Salvatore sarebbe ancora vivo se qualcuno avesse chiamato subito i soccorsi. E io avrei con me almeno uno dei miei figli. Questo pensiero non mi dà pace ancora oggi”.
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