Monica Cirinnà, senatrice del Partito democratico, finì nella bufera lo scorso anno, quando nella cuccia del cane della sua villa furono ritrovati ventiquattromila euro, in tagli da cinquecento, banconota non più emessa. Caddero velocemente le accuse di autoriciclaggio. Ma che fine hanno fatto quei soldi?
In teoria dovrebbero essere nelle disposizioni del Fondo Unico per la Giustizia, ma in realtà sono congelati per questioni burocratiche. La senatrice ha chiesto che le vengano affidati per essere girati in beneficenza a un centro antiviolenza, adducendo la motivazione che quei soldi rientrerebbero nella disciplina di legge delle “cose trovate”.
Il tribunale di Grosseto, però, ha stabilito che se dovesse essere applicata quella disciplina, alla proprietaria del terreno, la senatrice Cirinnà, potrebbe avere diritto a metà di quei soldi, mentre l’altra metà andrebbe ai lavoratori che ne hanno scoperto la presenza.
A quel punto Monica Cirinnà dovrebbe intavolare una causa civile con gli altri reclamanti della sua stessa famiglia. Una situazione imbarazzante.