Il tempo non è un bene di consumo ma si può acquistare
Il concetto di comprare il tempo non è molto radicato nello stile di vita occidentale, forse perché il tempo non è percepito come un bene di consumo ma come una risorsa limitata che non può essere scambiata o accumulata.
Così, soprattutto nei paesi industrializzati, ci si affanna per riuscire a sfruttare al massimo le ore che un giorno ci concede, con il rischio di non essere mai completamente soddisfatti provocando frustrazione per le attività che non si sono riuscite a svolgere.
Questo meccanismo può non solo causare ansie da prestazione per usufruire al massimo del nostro tempo ma anche <b>produrre infelicità</b> perché <b>difficilmente</b> riusciremo a sentirci davvero soddisfatti di quello che abbiamo fatto.
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Una ricerca indica la strada per aumentare la felicità
Ad approfondire il tema ci ha pensato una ricerca svolta dalla Harvard University su un campione rappresentativo di cittadini di vari Stati europei e statunitensi, compresi 800 milionari olandesi che si sono sottoposti al questionario che l’università ha proposto per lo studio.
I dati sono stati sorprendenti e mettono in luce una piccola sfumatura nell’uso che spesso e volentieri si fa del denaro. Secondo i ricercatori, infatti, si spende molto di più per “esperienze piacevoli” piuttosto che per evitare “esperienze spiacevoli”. Questo, secondo il team dell’università californiana è il punto cardine su cui ruotano infelicità e soddisfazione personale.
Un test pratico e sperimentale per rafforzare la ricerca è consistito nel creare due gruppi di 30 persone alle quali è stata messa a disposizione una piccola somma di denaro (40 dollari) da spendere durante un fine settimana.
Un gruppo ha potuto spendere quella cifra per acquistare beni catalogati come “esperienze piacevoli”, mentre l’altro gruppo ha dovuto utilizzare il suo piccolo budget per pagare altre persone che svolgessero “esperienze spiacevoli” al posto loro, come pulire casa, lavare l’auto, tagliare l’erba, eccetera.
Nel weekend successivo, i due gruppi si sono invertiti e hanno speso i loro 40 dollari per l’attività opposta a quella acquistata la settimana precedente. Il risultato è stato che in entrambi i gruppi il livello di soddisfazione è stato più alto dopo aver speso i loro soldi per evitare “esperienze spiacevoli”.
Dall’elaborazione dei dati raccolti, la squadra di ricercatori ha così concluso lo studio considerando che i soldi non possono comprare la felicità, ma che con il denaro si può comprare il tempo, ovvero servizi che aumentino il proprio tempo libero da dedicare alle attività che danno maggiore soddisfazione.
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Facile a dirsi ma difficile da attuare
Messa così, la ricerca della Harvard University non appare tanto rivoluzionaria, anzi sembrerebbe abbastanza scontata. La questione più interessante, però, sono le difficoltà che le persone sottoposte al questionario ed al test hanno avuto nel comprare il tempo di altre persone che svolgessero i propri compiti considerati spiacevoli.
Una spiegazione data da alcuni psicoterapeuti di fama nazionale sta nel fatto che pagare altri per occuparsi delle proprie faccende è considerato come un atto di pigrizia o, peggio ancora, di superbia e dominazione sul prossimo.
Soprattutto nelle donne, questo sentimento è accettabile solo se affidare compiti sgradevoli ad altri, per esempio per le pulizie o i lavori domestici, è indispensabile per mancanza effettiva di tempo, dedicato principalmente al lavoro oppure alla crescita dei figli.
In mancanza di limiti oggettivi di competenze, far svolgere le proprie attività considerate spiacevoli ad altri non è una cosa contemplata, nemmeno dai milionari interpellati nella ricerca.
Così si finisce per spendere il proprio tempo per accumulare denaro che servirà per acquistare beni che promettono soddisfazione ma che difficilmente si avrà occasione di utilizzare per mancanza di tempo. Un circolo vizioso che nella maggior parte dei casi causa infelicità.
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