C’era una volta un’idea di sinistra che metteva al centro di tutto il lavoro. Ogni altra cosa poteva venire dopo, ma la battaglia vera doveva essere sempre per creare nuovi posto di lavoro e inserire nel circuito più giovani possibile. E c’era anche una volta una sinistra che usciva da quel PD al governo che approvava le unioni civili, il “dopo di noi” per i disabili, lo ius soli, e che riteneva che gli 80 euro fossero una mancetta e non una misura tesa a far ripartire il mercato dell’occupazione. La stessa sinistra, per capirci quella di LeU, con Fassina, D’Attorre e compagnia cantante, che oggi applaude la manovra iperassistenzialista di Di Maio e Salvini.
Era quello che in fondo anche Renzi aveva sempre saputo e temuto: i “compagni” che volevano l’accordo con il Movimento 5 Stelle per ritrovarsi poi un giorno al governo a votare e varare questa roba qui: sussidi, redditi di cittadinanza e nessuna misura per creare nuovi posti di lavoro. Se ne sono accorti anche quelli di Libero, che con Pietro Senaldi tracciano un ritratto dei “comunisti felici”.
Esponenti e amministratori locali del Pd. Dirigenti di Liberi e Uguali. Economisti e intellettuali che militano da sempre a sinistra e nel fronte progressista. Sono le voci che a sorpresa si stanno levando a sostegno della manovra decisa dal governo di Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Fa scalpore in primis la dichiarazione di Michele Emiliano: “Il Pd non può difendere interessi lobbistici, deve tornare a essere un partito di popolo. C’è da chiedersi come è possibile che nel passato la sinistra ufficiale non sia riuscita a fare manovre del genere. Probabilmente ha pensato che la manovra sugli 80 euro fosse sufficiente”, ha detto il presidente della Regione Puglia.
Anche Stefano Fassina, ora fra i dirigenti di Liberi e Uguali, ha parole di aperto apprezzamento: “L’obiettivo di deficit al 2,4% del Pil per il triennio 2019-2021 è necessario e coraggioso, quindi pericoloso, come evidenzia la prevedibile e prevista agitazione dei mercati. I grandi interessi interni e esterni colpiti reagiscono. Finalmente, ritorna il primato della politica sull’economia. La cosiddetta sinistra da che parte sta? Continua ad affidarsi al “Generale Spread” per miopi illusioni elettorali? Insiste a stare dalla parte degli interessi più forti? Torniamo dalla parte del lavoro e dell’Italia”, ha concluso Fassina. Sì, Ste’, ma ‘sto lavoro dove sta nella manovra?
Su Twitter interviene anche Alfredo D’Attorre (LeU): “È assurdo polemizzare con il governo perché trasgredisce il fiscal compact e decide di impegnare più risorse. Sarà doveroso polemizzare se queste risorse non saranno usate per investimenti, sanità e istruzione pubblica, ma per altri regali fiscali a miliardari e grandi imprese”. Anche un intellettuale come Riccardo Realfonzo, da sempre a sinistra e sul fronte progressista, ha usato parole di elogio per le scelte del Def dell’esecutivo giallo-verde…
“La notizia è che il governo vuole provare a dare una scossa al Paese e all’Europa. Certo, l’incremento non si è spinto a infrangere il muro del 3% (fermandosi al 2,4%), come da molti anni abbiamo proposto. Ma è chiaro che, seguendo l’esempio della Francia (che ha portato il deficit al 2,8%), anche il nostro Paese prova a rilanciare la crescita contravvenendo alle richieste della Commissione Europea e al quadro di abbattimento del deficit strutturale e del debito pubblico previsto dal Fiscal Compact”. Tutti contenti insomma. Alla prossima festa sul balcone, fate posto, ci saranno anche loro. Altro che Stalin e Che Guevara: Salvini e Gigino sono i nuovi lìder.
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