Sei persone sono state condannate all’ergastolo da un tribunale congolese per l’omicidio dell’ambasciatore d’Italia in Congo, Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo. La procura militare di Kinshasa aveva richiesto la pena di morte per i sei imputati. Cinque di loro sono stati processati, mentre il sesto, il capobanda, è ancora latitante. Nonostante la richiesta di pena di morte, la Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha una moratoria de facto sulla pena capitale da 20 anni, commutando le sentenze capitali in ergastolo.
Durante il processo, la difesa aveva chiesto l’assoluzione degli accusati, sostenendo che non avessero commesso il reato o sollevando dubbi sulla loro responsabilità. Gli imputati, arrestati nel gennaio dell’anno scorso, avevano inizialmente ammesso la colpa, ma in seguito si erano dichiarati innocenti, affermando di essere stati costretti a confessare sotto tortura, una circostanza negata dall’accusa.
L’Italia, che era parte civile nel processo e si è sempre opposta alla pena di morte, aveva chiesto una giusta pena detentiva per gli imputati. La sentenza è appellabile.
L’ambasciatore Attanasio, il carabiniere Iacovacci e l’autista Milambo erano stati uccisi a colpi d’arma da fuoco in un’imboscata organizzata da criminali a un convoglio del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam) nella provincia di Kivu Nord, un’area ad alto rischio a causa della presenza di numerose milizie da tre decenni.
Durante il processo, i sei congolesi sono stati accusati di omicidio, associazione a delinquere e detenzione illegale di armi e munizioni da guerra, e sono stati descritti dall’accusa come membri di una “banda criminale” specializzata in rapine e che aveva pianificato di rapire l’ambasciatore per chiedere un riscatto, ma poi aveva ucciso lui e i suoi due collaboratori.