Giuseppe Conte affronta di nuovo i partiti con compongono la maggioranza del suo governo per affrontare il nodo del Recovery plan. “È un braccio di ferro, impossibile dire come andrà a finire”, dice un esponente di governo del Movimento 5 stelle. Conte prova a far decantare, allunga i tempi, confida che un punto di incontro arriverà. Alle delegazioni di M5s e Pd che sono salite nel suo studio per i primi confronti di maggioranza ha presentato una bozza di Recovery plan riscritto: cambiano le allocazioni dei fondi, a partire da quelli sulla sanità, anche secondo le lamentele e le osservazioni dei partiti, viene drasticamente ridimensionata la squadra dei manager, che vedono assottigliarsi i loro poteri che si concentrano in questa nuova formula sulla supervisione e sul controllo per riequilibrare il ruolo dei decisori politici.
Poi, in un intervento pubblico tenuto di mattina, Conte lancia altri segnali a Italia Viva, rimarcando più volte il ruolo del Parlamento, che dovrà visionare e approvare il piano, e quello di Regioni, Comuni e parti sociali. Rosato raccoglie: “Sul tema del Recovery oggi il presidente del Consiglio ha ripreso in parte alcune questioni che avevamo posto, dicendo che le risorse debbano essere allocate con una discussione seria con Comuni, Regioni e opposizione”. Conte ha presentato la bozza corretta, ma raccoglierà altre osservazioni e poi metterà a punto un testo si spera definitivo, da sottoporre a un tavolo di maggioranza prima che arrivi in Consiglio dei ministri e quindi alle Camere. Probabile che tutto slitti all’anno nuovo.
Intanto il premier è sotto assedio. Il Pd non usa toni forti ma è insoddisfatto, così come una fetta del Movimento 5 Stelle. Ma a tenere tutti sulle spine è Renzi. Dario Franceschini ha spiegato che se il governo cade l’unica soluzione è il voto, ipotizzando una sfida tra Conte stesso e Salvini, lanciando così l’attuale premier alla guida di una futura coalizione in vista di nuove elezioni. Non tutti, però, l’hanno presa bene. Né nel Pd, né nel M5S. Dal canto suo, Renzi aspetta risposte pesanti sull’intelligence e sul Mes, il primo nodo imprescindibile per Conte, il secondo spauracchio dei 5 stelle. Se si scavallerà la montagna del Recovery la strada sarà però più in discesa.
Nel Palazzo, però, in tanti pensano che quello di Renzi sia solo un pretesto per far cadere il governo. Conte da par suo non vuole farsi cucinare a fuoco lento, né tantomeno uscire ridimensionato dalla partita. “Noi dobbiamo lavorare – ripete ai suoi collaboratori, come riferisce HuffingtonPost – una crisi con quel che sta succedendo fuori non verrebbe capita da nessuno”. L’extrema ratio, se il braccio di ferro dovesse portare a ribaltare il tavolo, è un passaggio parlamentare nel quale dimostrare plasticamente davanti al paese le responsabilità di ognuno.
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