Il premier Conte non ci sta. Prende carta e penna e scrive a Repubblica per respingere le tante, troppe ingiuste accuse di questi giorni. E spiega così le sue ragioni e quelle dell’esecutivo: “Non posso accettare che passi il messaggio di un presidente e di un Governo che hanno abdicato ai propri doveri approfittando della pausa estiva, che un solo weekend passato al mare o una singola cena a margine di un appuntamento istituzionale vengano così strumentalmente sottolineati”, perché “il Governo la scorsa estate non è mai andato in vacanza”.
È quanto tiene a precisare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella lettera a Repubblica, nella quale difende l’operato dell’intero esecutivo e suo nella gestione della pandemia: “È fuorviante parlare di un paese indotto al ‘tana libera tutti’ estivo dalla complice assenza dell’esecutivo. Chiarisco, allora, che questa estate non ho mai concesso pause alla mia attività istituzionale. Anche nel mese di agosto sono stato sempre immerso nello studio dei vari dossier e nella soluzione dei vari problemi, avendo cura, insieme ai ministri competenti e ai vari esperti, che la piena ripresa delle varie attività sociali ed economiche avvenisse in piena sicurezza”.
Ha aggiunto Conte: “Tanto che anche nel periodo più caldo agostano ho preferito non allontanarmi da Palazzo Chigi, rimanendo a mezz’ora dal mio ufficio e continuando a fare riunioni pressoché quotidiane da remoto”. Conte poi sottolinea che “se davvero in estate avessimo mollato la presa oggi non potremmo contare sul rafforzamento dei nostri strumenti di difesa e vivremmo già in pieno lockdown generalizzato. Se oggi possiamo permetterci interventi mirati e differentemente dosati in base alle condizioni di effettiva criticità dei territori è perché non ci siamo mai fermati”.
Conte enumera gli sforzi fatti e i risultati ottenuti: “Oggi abbiamo il doppio dei posti letto in terapia intensiva rispetto all’inizio dell’emergenza; abbiamo immesso nei servizi sanitari 36.000 nuovi medici e infermieri; mentre all’inizio dell’emergenza riuscivamo a fare 25.000 tamponi oggi arriviamo a farne 230.000 e siamo predisposti a farne molti di più; in primavera stentavamo a reperire dispositivi di protezione individuale anche per le categorie professionali più esposte, mentre oggi siamo pienamente autosufficienti e le distribuiamo gratuitamente ogni giorno a studenti, docenti, personale sanitario e forze di sicurezza. Senza gli innumerevoli tavoli di confronto, i 12 mila cantieri che hanno consentito di avere 40 mila aule in più, le gare per banchi e dispositivi digitali, non avremmo mai visto i nostri ragazzi rientrare in classe”.
Conte conclude la lettera dicendo che “si può certo mettere in discussione la piena efficacia degli sforzi organizzativi sin qui compiuti. Ma non è corretto paragonare l’azione dell’esecutivo a quella delle cicale, che oziano e friniscono nella canicola. Non ricerchiamo alibi: possiamo e dobbiamo fare di più. Ma non abbiamo mai tirato i remi in barca”. Infine il premier ricorda che “questo Governo non ha la bacchetta magica, ma ha le maniche della camicia sempre ben arrotolate, da quando è iniziata la pandemia. Dobbiamo prendere atto che siamo alle prese con uno tsunami che sta scuotendo l’intera Europa mettendo in difficoltà tutti i Paesi”.
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