Lo ha dimostrato finora. Dialogo, confronto ma no a sottomissioni. Il premier Conte, quando è servito alzare la voce per difendere gli interessi dell’Italia non si è mai tirato indietro, nemmeno di fronte alla superpotenza europea: la Germania. E così si è arrivati ad un altro botta e risposta decisamente duro tra Conte e la Merkel. Il tema? Ancora gli aiuti europei. “Rispetto alle sue opinioni, non è cambiato nulla. Ma a fare i conti sono io, con il ministro Roberto Gualtieri, i ragionieri dello Stato e i ministri”. Questa la replica, secca e decisa, alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, che in un’intervista a La Stampa ha dichiarato: “Il fondo di solidarietà, il Recovery Fund, non può risolvere tutti i problemi, ma non averlo rafforzerebbe il problema. L’Italia pensi ad attivare il Mes”.
Le sue parole, dunque, sono risuonate come un diktat, un’imposizione tedesca alla politica italiana. E questo non è di certo andato giù al premier che si è fatto sentire e ha risposto nel migliore dei modi. Nonostante Conte sia alla guida di un governo ancora indeciso sull’utilizzo del fondo Salva-Stati, ha intanto voluto rassicurare i cittadini sulla piena autonomia italiana nelle scelte. Intanto, il prossimo 17 luglio, al Consiglio europeo si dovrà decidere se approvare o no l’uso del Mes.
“Ci stiamo predisponendo per un Recovery Plan italiano che presenteremo a settembre”, ha proseguito Conte. E ha aggiunto: “Ieri c’è stata una riunione con i rappresentanti della maggioranza e abbiamo iniziato a ragionare sul ventaglio di possibilità dei prossimi provvedimenti. Ci aggiorneremo – ha concluso Conte – all’inizio della prossima settimana. Il programma Sure è un percorso praticamente già attivato”.
Per il premier bisogna essere “coesi in Italia per cogliere subito e per intero l’opportunità che l’Europa offre a se stessa e ai Paesi più colpiti dal Covid. Questo spirito, auspico caratterizzi il dibattito politico italiano in questa fase cruciale per la futura generazione”. Anche perché, sottolinea il presidente del Consiglio, “le risorse che al termine del negoziato verranno messe a disposizione dall’Europa non potranno essere gestite dal governo in carica come un proprio tesoretto”.
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