Giuseppe Conte non vuole essere il primo presidente del Consiglio che manda l’Italia in procedura d’infrazione. Dal Vietnam il premier riflette sugli ultimi giorni del governo giallo-verde. “Sono fiducioso. Ma il mio sentimento personale non conta, sono pragmatico, mi interessano i fatti: se ci sono, allora sarò più determinato di prima a proseguire, altrimenti sarò irremovibile. Si tratta di verificare le condizioni per poter operare: sì o no, punto”, spiega Conte.
E aggiunge che i primissimi segnali di distensione, soprattutto dopo la ridefinizione degli equilibri seguiti alle Elezioni europee, sono arrivati. Come lo sblocca cantieri, approvato ieri dal Senato, che ha rimesso pace tra i due triumviri: “La mia riserva non è ancora sciolta”.
“Ho avuto un primo segnale sullo sblocca cantieri ma dopo la situazione che è sotto gli occhi di tutti non posso dire che in 24 ore si risolve tutto. Sarebbe un po’ posticcio. Diamoci qualche giorno in più per ritrovarci”. Anche se, prosegue, non ha mai parlato con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella di voto anticipato a settembre. Solo di un possibile rimpasto di governo: “A oggi non ho ricevuto nessuna richiesta. Se arriverà, ci metteremo tutti assieme e decideremo il come e il perché”.
Difficile, invece, fare i conti sulla finanza pubblica, anche dopo il compromesso che il “governo del cambiamento” aveva trovato impegnandosi a ridurre il rapporto deficit/PIL dal 2,4 per cento al 2,04 per cento per ottenere una progressiva riduzione del debito. Una strategia considerata non sufficiente dall’Unione.
“La procedura è partita perché vengono applicate le regole europee. Per un paese dell’Unione non è sufficiente dire ‘quelle regole non le riconosco’. Proviamo a modificarle, ma intanto lavoriamo in quel perimetro”.
“Altrimenti la procedura scatterà, a prescindere dalla volontà del singolo paese: e poi che cosa facciamo?”, sottolinea il presidente del Consiglio, che incontrerà Juncker prima del Consiglio europeo del 20-21 giugno.
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