Mentre in sondaggi lo danno a un livello di gradimento vicino al 61%, lui smorza i toni e dice addirittura che dopo Palazzo Chigi sarà “contento” di tornare a fare l’avvocato. Ma c’è chi sostiene che sia solo una copertura, e che Giuseppe Conte sia più in partita che mai. Il premier, infatti, pare abbia altri progetti, molto più ambiziosi, e pur di realizzarli ha stretto un patto segreto con Matteo Renzi. Lo racconta Francesco Verderami sul Corriere della Sera: “Non c’entrano le nomine o i posti di governo, la strana coppia si ritrova (momentaneamente) alleata con l’obiettivo di sabotare la riforma proporzionale concordata da M5S e Pd”. Il leader di Italia viva, non a caso, una settimana fa ha rispolverato la vecchia idea del “sindaco d’Italia” per esplicitare la sua ostilità al Germanicum, partorito dall’accordo tra Di Maio e Zingaretti.
Ora, ha ragione Franceschini quando rammenta che “l’intesa sulla legge elettorale fa parte del patto di governo”. Ma venne stipulato quando Italia Viva ancora non esisteva. E dunque per Renzi quel “patto” va rivisto, siccome il proporzionale con soglia di sbarramento al 5% lo relegherebbe nella prossima legislatura ai margini del Parlamento, con pochi seggi per “diritto di tribuna”. L’attuale sistema maggioritario gli garantirebbe invece un forte potere contrattuale, perché con i suoi voti potrebbe risultare determinante nella sfida dei collegi con il centro-destra, e quindi potrebbe far pesare il ruolo di “utilità marginale” del suo partito nella trattativa con gli alleati.
“È a questo bivio -si legge sul Corriere – che la strada di Renzi ha incrociato quella del premier. Per spazzare definitivamente il campo dai boatos basterebbe un richiamo al “patto” che gli ha permesso di trasformarsi da Conte 1 in Conte 2. Se non lo fa, è perché così perderebbe d’incanto il potere contrattuale che gli permette di restare a Palazzo Chigi oggi, e di puntare domani persino al Quirinale. D’altronde fu lui a confidare le sue aspirazioni mesi fa al ministro per gli Affari europei, durante un viaggio a Bruxelles: ‘Me lo verranno a chiedere’, gli sussurrò il presidente del Consiglio”.
Di Maio e Zingaretti avevano fiutato puzza di bruciato, notando la singolare coincidenza tra la sortita di Renzi contro il proporzionale, la fine delle ostilità di Italia Viva verso il capo del governo e la calorosa accoglienza riservata dal premier alle richieste programmatiche presentategli da Boschi. E il leader del Pd aveva provato a reagire. Ce n’è la prova nella dichiarazione di dieci giorni fa del vice segretario dem Orlando: “La legge elettorale va approvata da un ramo del Parlamento entro l’estate”. Sembrava un fulmine a ciel sereno, in realtà era il disperato tentativo di rispondere all’azione ostile.
“Di legge elettorale se ne parlerà a settembre dopo le elezioni regionali”, diceva invece ieri compiaciuto Rosato, in nome di Renzi. Pd e M5S hanno fatto i conti: “Con Forza Italia divisa e la Lega che traccheggia – analizza il Corriere – la proporzionale verrebbe bucherellata dai deputati del ‘partito di Renzi’ e da quelli del ‘partito di Conte’, cioè quei grillini, ex democristiani e post comunisti, desiderosi di trovar riparo nella lista dell’«avvocato del popolo» che finge di voler tornare ad essere avvocato e basta”.
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