“Sono fiero del lavoro svolto insieme. Grazie a tutti”. Con questo messaggio, da vero signore come sempre, Giuseppe Conte ha salutato i suoi ministri. Poi, con i suoi, si lascia andare a qualche riflessione riportata dal Corriere: “Era tutto già scritto. Renzi aveva già un accordo col centrodestra. Salvini e Berlusconi gli hanno garantito che ci staranno, altri non potranno che accodarsi. A me era chiaro sin da subito, a qualcun altro forse no”. Alle dieci di sera, dopo aver ascoltato le brevi comunicazioni del presidente della Repubblica con tanto di convocazione di Mario Draghi per stamattina alle 12, Giuseppe Conte vive il suo personalissimo “game over” con sentimenti contrastanti.
Nella testa dell’ormai ex presidente del Consiglio — più che l’amarezza e lo sconforto che apparirebbero ovvi e scontati in istanti come quelli — c’è quasi la rivendicazione propria di chi si accontenta, al triplice fischio, di aver fiutato prima di altri quello che stava succedendo. Ai ministri che lo chiamano per manifestargli la propria vicinanza, l’avvocato consegna poche parole. Con un paio di loro si dilunga sulla battuta su Renzi che chissà da quanto tempo aveva sulla punta della lingua, sperando che non arrivasse mai il momento di pronunciarla. “Per citare il poeta, sono sereno…”.
Poi l’amaro ragionamento di Conte: “Ho sbagliato a dimettermi, se non avessi fatto quel passo forse, ora…”. Il film dell’ultimo giorno gli passa davanti. Fotogramma dopo fotogramma. Alle 15 e 30 è al telefono con Dario Franceschini, poi parla con Vito Crimi, poi ancora con Franceschini, con Crimi. “Io non resto a Palazzo Chigi a fare il prigioniero di Renzi o di qualcun altro”, scandisce in un momento di tensione. Gli ambasciatori di Pd e M5S, a turno, gli comunicano che la trattativa con Italia viva è arrivata a un binario morto.
Nessuna traccia di incontri o telefonate con Di Maio. Alle 19 la trattativa con Iv è chiusa. Qualcuno consiglia a Conte di tentare la carta disperata di un contatto con Renzi. Lui, memore dell’ultima esperienza, di quella telefonata poi resa pubblica dal leader di Iv all’alba del mandato esplorativo di Fico, oppone un niet. “È tutto inutile, ha già un accordo secondo me”. Poi la telefonata con Fico, le tensioni con Di Maio. Poi le comunicazioni di Mattarella e i titoli di coda su un mandato da Presidente del Consiglio che fa comunque onore a Conte per come ha traghettato l’Italia in uno dei suoi momenti più neri.
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