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Conte alza la testa, sfogo contro Salvini e Di Maio: “Così vanno a sbattere. Pronto a lasciare”

Il premier Giuseppe Conte esce ancora di più allo scoperto a va contro i suoi due vicepremier Salvini e Di Maio. “Qualcuno qui deve ancora capire come sono fatto”. Sono le quattro e cinque di un pomeriggio afoso e Giuseppe Conte sta per entrare nella sala del governo, al primo piano di Palazzo Chigi. Il vertice della sera prima con Luigi Di Maio e Matteo Salvini, concluso a mezzanotte inoltrata, non ha dissipato i dubbi.

Trascorso a seguire da lontano le mosse dei vicepremier, mentre si incontravano da soli per saldare un patto da cui tenerlo fuori. In uno sfogo che precede il Consiglio dei ministri di ieri pomeriggio, Conte mette in chiaro di non aver paura di uno scontro con i due leader della maggioranza.

“Non ci sarà nessuno scontro perché, se non andiamo d’accordo, io li lascio liberi. Una cosa deve essere chiara: sto qui se mi convincono loro, non sono io a doverlo fare. Se vogliono andare a sbattere contro un muro, vadano pure. Con me – aggiunge – non c’è bisogno di giochetti, mi sembra che la Lega non abbia ancora tolto gli emendamenti al disegno di legge sul salario minimo, che è in discussione al Senato”.

“Sono certo che lo farà, ma non è ancora avvenuto. Poi, se uno vuole correre il rischio di cadere nelle braccia del suo possibile carnefice, faccia pure”.

“Non mi piace scherzare con i risparmi degli italiani, vedo intorno a me un po’ di inesperienza. Se vogliono andare a sbattere contro un muro, facciano pure”. Conte poi dice no alla nomina del ministro degli Affari europei. “Finché non è chiusa la procedura di infrazione le deleghe le tengo io. Per trattare con la Commissione l’Italia deve parlare con una voce sola”.

Insomma, il premier, per la prima volta, sembra esercitare davvero il ruolo di Presidente del Consiglio. Forte del grande consenso che ha tra gli italiani, e consapevole che ora Casaleggio vuole candidarlo come leader alle prossime elezioni, Conte alza la voce e rivendica le sue ragioni. In queste circostanze, volenti o nolenti, è solo che un bene per l’Italia.

 

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