Una conversazione che ha fatto rapidamente il giro del mondo quella, teoricamente privata ma rubata dalla stampa, che ha visto il premier Conte confidarsi con Angela Merkel, parlando di Salvini e dell’immigrazione e rimarcando la sua distanza dalla Lega: “Sull’immigrazione ovviamente Salvini è del tutto… lui chiude tutto. Non c’è spazio. Per me è differente. Sai…”. Aggiungendo poi di essere molto determinato, con un pizzico di sbruffoneria ma anche una nuova consapevolezza.
Sì perché Conte, che al momento dell’insediamento era definito scherzosamente dalla stampa come un capo di governo fantoccio ostaggio delle menate di Salvini e Di Maio, oggi è un uomo nuovo. Si pone come argine al salvinisimo e alla sua spietata determinazione, da un lato. Dall’altro indossa i panni di premier “realista”, sulla falsariga di quanto visto già con la manovra. Fu lui a mettere la faccia di fronte al cedimento del governo di fronte alla pretese dell’Europa, in buona parte accontentata.
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E c’è d’altronde un motivo se sul caso Sea Watch, diversamente da quanto accadde sulla Diciotti, Mattarella, nonostante una certa indignazione morale e un certo disappunto politico, ha scelto di non parlare e di non lasciar trapelare nulla. Il motivo è che del ruolo di mediazione è stato investito l’inquilino di palazzo Chigi, perché ormai la dinamica di questo strano governo è chiara. Un intervento presidenziale rischia di fornire alla campagna salviniana un alibi e un bersaglio. E le soluzioni devono passare da una dinamica tutta interna al governo, facendo leva su palazzo Chigi.
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Per un breve periodo era stato Luigi Di Maio a fare da contraltare a Salvini, ma la sua leadership è molto appannata ormai. E visto che la priorità al momento è tenere a bada il Carroccio e garantire la tenuta del governo, l’importanza di Conte è cresciuta giorno dopo giorno.
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