Il 50% delle imprese in rete si concentrano in Lazio, Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna, i servizi sono il settore più propenso
In un mondo sempre più caratterizzato da community e sharing i contratti di rete dovrebbero essere ormai la quotidianità per molti. Non è ancora così e la ricerca Aster, società della Regione Emilia-Romagna per l’innovazione e la ricerca industriale, ha evidenziato dove e in che settore questo tipo di approccio “cooperativo” ha preso piede maggiormente.
Il Friuli Venezia Giulia è la regione italiana dove sono più utilizzati i contratti di rete (112 imprese aderenti ogni 10 mila aziende attive nella regione), con l’Abruzzo (65/10.000 imprese) al secondo posto e il Lazio (53/10.000) al terzo. Il tool interattivo cretao da Aster in merito permette di facilitare la ricerca e la lettura dei dati, offrendo la possibilità di individuare le imprese in rete anche su base comunale.
“Il valore aggiunto di questa forma di collaborazione è noto – commenta Paolo Bonaretti, direttore generale di Aster – ed è confermato dal recente rapporto ISTAT-Confindustria ‘Gli effetti del contratto di Rete sulla performance delle imprese’ secondo cui le imprese che vi hanno aderito registrano una maggiore crescita dell’occupazione e del fatturato rispetto ad aziende similari non in rete (rispettivamente +11,2% e +14,4% dopo tre anni). La diffusione di questa forma di aggregazione è ovviamente maggiore in quelle regioni che adottano politiche di incentivo all’utilizzo e che possono contare anche sulla spinta propulsiva delle organizzazioni di categoria”.
Il contratto di rete è uno strumento innovativo attraverso il quale più imprese collaborano per realizzare progetti condivisi, che non riuscirebbero a sviluppare singolarmente, mantenendo la propria indipendenza, con l’obiettivo di incrementare la capacità innovativa e la competitività. Le imprese devono predisporre un piano generale d’azione (programma di rete), in cui sono definiti gli obiettivi da raggiungere e i rapporti di collaborazione e condivisione, l’investimento e il tipo di legame da adottare.
Secondo l’indagine, la presenza di imprese in rete è piuttosto significativa in Umbria (48 aziende ogni 10 mila, 4° posto) e Toscana (44, 5° posto), che precedono Veneto (41) e Basilicata (40), mentre la Liguria e l’Emilia Romagna, ciascuna con 39 aziende in rete ogni 10 mila, sono ottave a pari merito e superano la Lombardia (31) che è solo quattordicesima. Occupano gli ultimi gradini di questa classifica il Piemonte al terzultimo posto (23) la Sicilia (16) e il Molise (12)
La provincia italiana dove questa tipologia di contratti è più diffusa è Viterbo, con 127 imprese in rete ogni 10 mila. Subito dopo, a pari merito, ci sono Gorizia e Pordenone (122) e, a ruota, Frosinone (116) e Udine (109). Mentre seguono a rilento le province di Milano (27 aziende in rete ogni 10 mila) e Torino (18), rispettivamente 73esima e 98esima in graduatoria. In fondo alla classifica troviamo Palermo (11) e Messina (7).
I settori
A livello nazionale i contratti di rete sono 4.224 per un totale di 22.443 imprese coinvolte. Il 33% delle imprese in rete (circa 7.500) opera nel settore dei servizi, mentre il secondo settore più rappresentato è quello dell’industria/artigianato (28%). Poco meno di un quinto delle imprese (18%) è attiva nel settore dell’agricoltura mentre più di una su 10 (13%) opera nel commercio. Meno rappresentate (6%) le aziende del settore turistico.
I termini assoluti
In termini assoluti il Lazio (3.430) ha più imprese in rete della Lombardia (3.012) e del Veneto (2.026). Al quarto posto la Toscana (1.817), che precede Emilia-Romagna (1.776) e Campania (1.592).
Se non sorprende che le province dove in termini assoluti ci sono più aziende sottoscrittrici di contratti di rete siano Roma (1789) e Milano (1.025), è sicuramente un dato interessante la presenza, al terzo e quarto sposto della classifica, di Bari (711) e Salerno (587). Torino (400) è solo 14esima. Campobasso (31), Vercelli (29) e Isernia (11) sono, invece, le aree con meno aziende in rete.