Se ne parlava già da diverso tempo, ora è arrivata la notizia ufficiale: l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato “pandemia” l’emergenza Coronavirus. L’infezione nata inizialmente nella città cinese di Wuhan alla fine dello scorso mese di dicembre si è nel frattempo diffusa in oltre 90 Paesi: il bilancio, al momento, è di 4.350 morti, di cui oltre 600 anche in Italia. Da questo momento in poi i singoli stati devono fare un passo indietro ed eseguire i piani dell’Oms per impedire che il nuovo virus dilaghi ulteriormente.
Ora gli esperti potranno richiedere una serie di misure anche drastiche, come lo stop alle attività produttive e i limiti alla circolazione anche via terra. Provvedimenti che potrebbero essere applicati in primis proprio nel nostro Paese, tra i più colpiti dall’emergenza. La dichiarazione di pandemia, che si differenzia dalla semplice epidemia, si è resa necessaria per impedire ulteriori casi di infezioni. Da giorni erano almeno due i criteri che suggerivano tale definizione per l’infezione da Covid-19: si diffonde tra le persone e può essere mortale.
La caratteristica “globale” è stata infine confermata dai dati certi sui primi focolai africani e sudamericani. Walter Ricciardi dell’Oms, consigliere per il coordinamento con le istituzioni sanitarie internazionali del ministro della Salute italiano Roberto Speranza, aveva dichiarato: “Con la dichiarazione dello stato pandemico l’Oms può mandare i suoi operatori in loco, come fanno i caschi blu dell’Onu e chiedere ai singoli Paesi di adottare misure di mitigamento, come il fermo di alcune attività o dei trasporti anche via terra”.
L’esperto ha anche evidenziato come non esistano obblighi, “ma il non rispetto delle disposizioni equivarrebbe alla mancata applicazione di norme internazionali, che implica l’applicazione di sanzioni”. A fargli eco il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus: “Ci sono paesi però che hanno mostrato che questo virus può essere contenuto, quindi non dobbiamo arrenderci e adottare un approccio globale”. Sulla base di ciò che è stato fatto in Cina, dunque, per gli esperti c’è la speranza di controllare il virus, ma la preoccupazione è soprattutto per i paesi in cui il sistema sanitario non è così sviluppato da poter arginare il dilagare dei contagi.
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