Un allarme rilanciato dalla Francia dopo che già altri Paesi come Australia e Olanda lo aveva evidenziato: il coronavirus può finire anche nelle acque reflue. La scoperta è stata fatta da Parigi sperimentando il monitoraggio delle fognature per identificare i focolai dell’infezione. Pur essendo un virus soprattutto respiratorio, il microrganismo può anche finire nelle feci, già un paio di giorni prima della comparsa dei sintomi, e da lì nella rete fognaria.
Non è chiaro se si tratti di microbi vivi e capaci di contagiare o solo di frammenti e scarti, che vengono espulsi dall’organismo dopo aver perso la loro battaglia con il sistema immunitario. Si esclude però che l’acqua dei rubinetti possa essere contagiosa, sia perché viene disinfettata a dovere, contro ogni tipo di virus e di batteri, sia perché nell’acqua le tracce del virus sono talmente diluite da non poter raggiungere la dose necessaria al contagio.
Per quanto riguarda le fognature, invece, la capacità del coronavirus di sopravvivere nell’acqua alcuni giorni può essere addirittura sfruttata in maniera vantaggiosa. L’Australia ha sperimentato il “tampone” delle acque reflue prima nel Queensland e ora estenderà il metodo a tutta la nazione. L’assenza di coronavirus nelle fognature potrà dare la “patente di immunità” a interi quartieri o città, agevolando l’allentamento delle misure di isolamento sociale, o imporre nuovi lockdown.
Nel caso di Parigi, la preoccupazione nasce dal fatto che l’acqua con tracce del virus viene usata per pulire le strade, per le fontane e per innaffiare parchi e giardini. “Ma si tratta di quantità virali molto ridotte e non c’è rischio per l’acqua potabile” assicura il sindaco Anne Hidalgo.
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