Che cosa c’entra la famiglia Casamonica con il caso che sta coinvolgendo la famiglia di Aboubakar Soumahoro? Apparentemente nulla, se non il fatto che diversi mobili appartenenti alla nota famiglia Rom di Roma fossero custoditi all’interno di un garage di un centro per migranti gestito dalla cooperativa Karibu della moglie e della suocera del parlamentare, ora entrambe indagate. Il particolare dei mobili venne riferito ben quattro anni fa dall’allora senatrice Elena Fattori, che era passata dal M5S a Sinistra Italiana, al sottosegretario all’Interno Luigi Gaetti. Ma poi non se ne seppe più niente.
Secondo quanto riporta il quotidiano Repubblica, la senatrice Fattori l’11 marzo del 2019 fece visita al Cas ‘Rehema’, scrivendo poi anche una relazione su quanto aveva potuto vedere. Relazione che però rimase chiusa in un cassetto, senza dare avvio a nessuna indagine della magistratura. Una volta esploso il caso che vede protagoniste Maria Therese Mukamitsindo e Liliane Murekatete, rispettivamente suocera e moglie di Soumahoro, la Fattori ha dichiarato che in quel centro per migranti non avrebbe fatto restare neppure i suoi cani.
Repubblica prova a ricostruire i fatti accaduti nel 2019. A chiedere alla senatrice Elena Fattori di compiere un’ispezione nella cooperativa Karibu fu una dipendente del Cas di Aprilia, grande centro per migranti situato al confine tra le province di Latina e Roma. La Fattori scoprì che la struttura dove si era recata era di proprietà di un uomo originario di Messina ma residente a Frascati, ai Castelli romani.
“Quando all’improvviso si alzò il pavimento e ci fu bisogno dell’intervento dei vigili del fuoco, la suddetta dipendente conobbe gli affittuari della struttura. – si legge nella relazione di Elena Fattori – In questa circostanza è venuta a conoscenza della presenza di alcuni mobili stipati nel garage, perché messa in allerta dallo stesso avvocato. Alla domanda se conoscesse di chi fossero le fu detto che erano della famiglia Casamonica. La responsabile, che in quel momento era in ufficio con loro, disse che ne era a conoscenza”.
Poi nei giorni successivi, scrive ancora la Fattori, anche la moglie di Soumahoro e la segretaria della cooperativa si recarono in quel garage “per controllare se il mobilio fosse tenuto in sicurezza, confermando che bisognava stare attenti perché quei mobili appartenevano a una famiglia importante”. Secondo la senatrice, però, quella dipendente non possedeva “documenti, foto o qualunque materiale utile a provare la presenza di questi mobili”.
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