Matteo Salvini e i fascisti del Terzo Millennio. Un legame che è finito in questi giorni sotto i riflettori ma che, secondo lo scrittore Claudio Gatti, non deve spaventare. Piuttosto, è il rapporto con i post nazisti e la sua influenza a dover far riflettere. Un allarme lanciato attraverso il libro “I demoni di Salvini”, edito da Chiarelettere. Una ricostruzione basata sulle dichiarazioni di chi ha partecipato al piano di “infiltrazione” della Lega, Andrea Sciandra, ingegnere elettronico oggi manager di una multinazionale europea.
“L’ideatore dell’operazione si chiama invece Maurizio Murelli – racconta Gatti su Repubblica – un ex neofascista che nei primi anni 70 è stato condannato a 17 anni per l’uccisione di un agente di polizia”. Dopo aver aperto una casa editrice, lanciando la rivista militante Orion, “conclude insieme a Sciandra che per dare continuità ai pilastri del pensiero fascio-nazista occorre un nuovo veicolo politico, una nuova rappresentazione. La trovano nel movimento autonomista che col tempo confluirà nella Lega Nord”.
Sciandra è così uno dei cinque fondatori del partito all’epoca di Bossi. “C’è una terza figura classificabile come postnazista che entra nel cuore della Lega: è il giornalista Gianluca Savoini, da decenni amico di Murelli. Lì stringe rapporti con Bossi e Salvini, all’epoca parcheggiato nella redazione de La Padania. Una volta segretario del Carroccio nel 2013, Salvini avrebbe scelto Savoini non solo come portavoce ma anche come sherpa personale che apra la strada a Mosca. Un ruolo centrale”.
“In Bossi e Salvini, i postnazisti hanno trovato bersagli e complici ideali, in quanto spregiudicati leader di quello che Sciandra definisce ‘un corpo senz’anima’, il cui unico credo era in linea con i valori e il pensiero della destra radicale. Questo non significa che Salvini, come Bossi ieri, abbia sposato la causa postnazista. Vuol dire che è un uomo pronto a tutto. Incluso allearsi con i nemici della democrazia”.
Salvini si è scordato di essere ministro: sempre in tour, mai alla scrivania