Alfredo Cospito, dopo il rigetto da parte della Cassazione dell’istanza di revoca del 41bis, il regime a cui è sottoposto, ha annunciato di non voler più prendere gli integratori, aggiungendo di essere convinto che quindi morirà “presto”. Per poi aggiungere: “Spero che qualcuno dopo di me continuerà la lotta” contro il carcere duro. E’ quanto è trapelato in ambienti ospedalieri.
L’esponente della Fai, che sta portando avanti uno sciopero della fame da oltre 3 mesi ma che da poco ha ripreso ad assumere gli integratori, si trova nel reparto di medicina penitenziaria dell’ospedale San Paolo di Milano. Cospito aveva già preannunciato che, in caso di bocciatura da parte della Cassazione del ricorso contro il 41bis, sarebbe andato avanti con lo sciopero della fame e anzi lo avrebbe inasprito, senza assumere più quegli integratori, come il potassio, che stava prendendo (oltre ad acqua, sale e zucchero) proprio per arrivare al verdetto e che avevano portato ad un lieve miglioramento negli ultimi giorni del suo stato di salute. E ha ribadito questa sua ferma intenzione nelle ultime ore, prima di conoscere l’esito della sentenza, anche a chi ha avuto modo di vederlo nel reparto penitenziario del San Paolo di Milano.
Anche oggi uno dei legali del suo pool difensivo, che da giorni si alternano nelle visite come in una sorta di staffetta, è andato a trovarlo. E’ apparso comunque lucido, capace di reggere anche una discussione, pure se provato ovviamente nel fisico da oltre quattro mesi di sciopero della fame. Sabato e domenica gli avvocati non potranno accedere nel reparto di medicina penitenziario dell’ospedale. Il suo legale Flavio Rossi Albertini potrà andare ad incontrarlo lunedì, mentre domani potrà visitarlo il suo medico di fiducia.
Intanto, la situazione sanitaria del 55enne, attraverso le relazioni mediche, continua ad essere monitorata con costanza dal Tribunale di Sorveglianza di Milano. Nelle scorse settimane l’ideologo della Federazione anarchica informale ha depositato una dichiarazione al Dap in cui esprime la volontà di non essere alimentato artificialmente se le sue condizioni dovessero peggiorare, fino a ridurlo in uno stato di incoscienza.