Non è un’eredità di cui andare fieri, quella della bizzarra crisi di governo che continua a tenere banco in queste settimane concitate. E che ha visto alcuni personaggi, quelli che popolano l’emisfero destro dello scacchiere, dare il peggio di loro: la confidenza con le regole parlamentari quasi assente, la conoscenza della Costituzione scarsissima.
Qualche esempio? Durante il primo giro di consultazioni in Quirinale, tra il 21 e il 22 agosto, Giorgia Meloni ha chiesto di sciogliere le Camere appellandosi all’articolo 1. La sovranità popolare, certo. Che nel particolare vocabolario di Fratelli d’Italia è sinonimo, a quanto pare, di elezioni necessarie ogni volta che un sondaggio lascia intendere mutamenti nel gradimento dei partiti. Si voterebbe ogni domenica, con questo principio. Altro che fughe al mare o in montagna.
Non da meno Matteo Salvini, che dopo aver forzato la crisi aveva iniziato a recitare il ritornello “tagliamo il numero di parlamentari insieme ai Cinque Stelle e poi via al voto”. Ma la riforma entrerebbe in vigore nella migliore delle ipotesi in primavera, mentre le elezioni anticipate cadrebbero eventualmente in ottobre, col risultato di eleggere comunque lo stesso numero di parlamentari che attualmente compongono le due aule parlamentari.
Da un punto di vista politico, un vero e proprio capolavoro è stata poi la mozione di sfiducia presentata da Matteo Salvini e che avrebbe comportato, in caso di approvazione, le dimissioni del governo. Del quale la Lega faceva parte, con 6 ministri in dote. Una sfiducia a sé stessi, in pratica. Con una chicca
: per riportare il tutto su binari più normali, sarebbero bastate le dimissioni di Salvini e dei suoi 5 colleghi titolari di dicasteri, insieme ai 3 viceministri e ai 15 sottosegretari della Lega. Mai arrivate.
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