L’ex direttore dell’Istituto nazionale della salute degli Stati Uniti per le allergie e le malattie infettive, l’immunologo Anthony Fauci, ha allertati la popolazione statunitense “sull’’importanza dell’usare le mascherine quando il virus inizia a diffondersi in velocità”. Le parole di Fauci erano arrivate proprio mentre le nuove varianti Covid (Pirola ed Eris) si stavano espandendo in vari Paesi.
Ora, a distanza di un mese, quella previsione si sta trasformando in emergenza. I contagi in 21 giorni sono pressoché raddoppiati: da 27mila casi nella settimana 2-8 novembre, si è passati a 52.175 in quella 23-29 novembre. Chi rischia di più? Anziani e fragili si trovano in prima linea. E, visto che solo il 7% tra gli over 70 si è vaccinato (tra i malati fragili ancora meno), la Foce (Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi) ha lanciato l’allarme: “Si temono 15mila morti”.
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Contagi raddoppiati
Secondo l’ultimo monitoraggio della Fondazione Gimbe, nelle ultime tre settimane i contagi settimanali sono quasi raddoppiati (+94,3%), mentre crescono pure i ricoveri in area medica (+58,1%). Dati che forse sono sottostimati poiché la maggioranza degli italiani, sottovaluta la malattia, banalizzandola a semplice influenza o addirittura pensando di esserne immuni e che il contagio riguardi solo il prossimo. Non può essere sottostimato, invece, un altro dato, quello dei decessi: in un mese ne sono stati registrati 881 (300 nell’ultima settimana), quasi raddoppiati e tutti riguardano over 80.
In una fase post pandemica in cui si è raggiunta una sorta di immunità ibrida il virus è stato tenuto tutto sommato a bada. Ma ora le cose stanno cambiando: nessuno indossa le mascherine e pochissimi si vaccinano, così il virus (soprattutto la variante Eris, oggi prevalente al 52%) espande il proprio raggio d’azione. Ciò si traduce nel raddoppio dei contagi denunciato da Gimbe, che negli adulti (non anziani) provoca una sintomatologia abbastanza leggera: mal di gola; tosse secca; congestione nasale, naso che cola, starnuti. Oltre a possibili stanchezza, affaticamento, mal di testa, dolori articolari e muscolari.
Vaccinazioni ai minimi
Visto che le vaccinazioni anti-Covid non decollano ancora, ci si sta industriando per farla andare a regime. Incentivare le immunizzazioni tra le categorie più a rischio, dunque, è oggi la priorità e per questo si è riunita la cabina di regia al ministero della Salute. Al 30 novembre in tutta Italia sono state somministrate 1.042.541 dosi anti-Covid. Purtroppo, rileva Nino Cartabellotta, presidente di Fondazione Gimbe,“al fenomeno della stanchezza vaccinale e alla continua disinformazione, si sono aggiunti vari problemi logistico-organizzativi: ritardo nella consegna e distribuzione capillare dei vaccini, insufficiente e tardivo coinvolgimento di farmacie e medici di famiglia, mancata attivazione della chiamata attiva dei pazienti a rischio, difficoltà tecniche dei portali web di prenotazione”.
.Le Regioni, spiega il direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero Francesco Vaia, “hanno assunto l’impegno a potenziare tutte le azioni necessarie per implementare la vaccinazione di prossimità, attraverso Open day vaccinali e ponendo medici di medicina generale, farmacie e tutti i setting assistenziali, nelle condizioni di aumentare la propria offerta vaccinale, provvedendo a una più efficiente distribuzione delle dosi di vaccino Covid e antinfluenzale”. Nel contempo, Silvestro Scotti, segretario della Federazione dei medici di famiglia (Fimmg), annuncia che i medici sono “pronti a sedersi con le Regioni a livello nazionale per favorire i tavoli aziendali per la creazione di Open day negli studi più organizzati”.
Chi rischia di più: i ricoverati sono per la maggioranza anziani
Ma, già dai 60 anni di età, il Covid può produrre ben altro. Lo spiega Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano che ha dichiarato: “Quella che stiamo vendendo è un’onda di salita di contagi difficile da valutare perché si mescola all’onda di salita dell’influenza”, premette. Dunque chi rischia di più? “Sicuramente le persone anziane, i pazienti fragili di ogni età. Quanto alle prime, dai 60 anni il rischio di complicazioni conseguenti all’infezione Covid si aggrava con l’avanzare dell’età e la presenza di comorbilità. Mi riferisco a immunodepressione tipo Hiv, malattie oncologiche ematologiche, broncopneumopatia cronica ostruttiva, asma instabile, insufficienze cardiache di varia tipologia (disfunzione ventricolare), diabete scompensato, obesità, insufficienza renale”. Cosa fare se si rientra in queste categorie? “Sicuramente occorre sottoporsi a richiamo vaccinale, che nel futuro sarà previsto annualmente – conclude Pregliasco – . Dovrà diventare un’abitudine, come quella di fare il vaccino antinfluenzale”.
Ora i ricoverati negli ospedali per Covid o con Covid hanno in media più di 70 anni. Ricoveri che salgono ancora: in una settimana il numero dei pazienti è cresciuto del 25,3%. Per la stragrande maggioranza si tratta di ricoverati nei reparti Covid ordinari e solo il 3% del totale degli ospedalizzati è in Terapia intensiva. Dai dati diffusi da Fiaso (Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi) emerge che 1 su 4 (il 26%) è ricoverato per Covid ovvero con sindromi respiratorie e polmonari mentre il 74% con Covid, cioè in ospedale per curare altre malattie, ma trovato positivo. Secondo il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore: “I numeri confermano il trend in crescita. Assistiamo a una maggiore circolazione del virus che impatta, seppur in minima parte, sugli ospedali incrementando i ricoveri”. L’età media dei pazienti, aggiunge, rimane elevata, sui 76 anni e “ciò evidenzia come il Covid in questa fase sia pericoloso soprattutto per anziani affetti da altre patologie che il virus contribuisce ad aggravare”.
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