Dopo il travagliato voto in aula sulla Tav, Matteo Salvini ha definitivamente consacrato il suo primato e ha iniziato a comportarsi da premier, pur senza averne il diritto. È andato da Conte e ha iniziato a dettare regole e agenda, sottoponendo al presidente del consiglio, e quindi anche all’alleato di governo, una sorta di ricatto: o si fa come dico io, o tutti a casa. Da Sabaudia ha ribadito la sua posizione davanti ai suoi fan.
“È stato un anno bellissimo – ha detto Salvini – Non parlerò mai male di Conte e Di Maio, ma qualcosa si è rotto negli ultimi mesi. Domani sera sarò a Pescara, se non succedono robe strane nel frattempo. E dopo la Sicilia saremo a Roma magari per fare qualche chiacchierata, ci siamo capiti… – ha detto Salvini, lasciando nuovamente intendere che c’è aria di crisi di governo – Nelle prossime ore si chiariranno varie situazioni”.
E ha aggiunto: “Non mi interessano rimpastini o rimpastoni, le idee non valgono due poltrone, se le cose non si possono più fare è inutile andare avanti. Come in un matrimonio, se si passa più tempo a insultarsi e a litigare che a fare l’amore, meglio guardarsi in faccia e prendere una decisione da persone adulte. Sono contento di quello che si è fatto. Finché ho potuto fare le cose sono andato avanti con un treno”.
Salvini ha raggiunto Sabaudia dopo un vertice di circa un’ora con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Già dopo il voto sulla Tav Massimiliano Romeo, il capogruppo della Lega al Senato era stato chiaro: “La mozione M5s impegna il parlamento e non il governo, ma la questione politica resta. Se fate parte del governo dovete essere a favore della Tav. Se votate no ci saranno conseguenze“.
Dal canto suo, Luigi Di Maio ha la sensazione che tutto stia precipitando. Il capo M5s è finito sotto l’assedio di Matteo Salvini ma anche dei suoi gruppi parlamentari. Così la voglia di chiudere qui l’esperienza gialloverde fa capolino a tarda sera nell’ufficio del vicepremier grillino dove sono entrati solo i suoi fedelissimi. Così dopo ore convulse il capo M5s, che nella sua stanza di Palazzo Chigi ha ascoltato il comizio del leader leghista, si lascia andare a uno sfogo: “Io non so se continuare“.
In successione sono tre i fatti che in poche ore hanno sconvolto la vita politica del governo e dello stesso Di Maio. La bocciatura della mozione M5S sulla Tav, poi la richiesta di rimpasto arrivata da Matteo Salvini e per finire la notizia che un gruppo di deputati e senatori, guidato da Nicola Morra, vorrebbe mettere ai voti la possibilità di continuare o meno con l’esperienza di governo.
È la presa d’atto di essere ormai a un bivio, da un lato piegarsi a Matteo Salvini e dall’altro salvaguardare i valori del Movimento dicendo ‘no’ alle richieste dell’alleato, che alza sempre di più l’asticella quasi a voler provocare la crisi. “Quello di Salvini è terrorismo psicologico, alza l’asticella perché vuole un rimpasto, ma forse vuole anche di più, un Conte bis. Vuole la crisi di governo”, osserva un componente del governo tra i più vicini a Di Maio.
Secondo quanto trapela il leader leghista avrebbe chiesto tre o quattro ministeri, quello dei Trasporti guidato da Danilo Toninelli, la Difesa di Elisabetta Trenta e quello più pesante dell’Economia in capo a Giovanni Tria. Forse anche il dicastero della Salute. In più Salvini vorrebbe rivedere l’intero programma di governo per renderlo a trazione leghista. Per i 5Stelle è davvero troppo. Per Di Maio lo è ancor di più, significherebbe annientare del tutto il Movimento e sottometterlo ai leghisti. La crisi, quindi, stavolta è a un passo: si attende solo l’ufficialità.
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