Meno nascite e più anziani: nel 2019 è stato segnato il minimo storico di nuovi nati dai tempi dell’Unità del 1861, segnando un calo drastico rispetto al 2018 del -4,5% che equivale a circa 19mila bambini nati in meno. Il drammatico scenario è emerso da un recente rapporto Istat: a contribuire a questi numeri è il generale invecchiamento della popolazione italiana, che vede dunque ridursi le sacche di persone in età feconda; la diminuzione dei nati da donne straniere rispetto al passato; le difficoltà economiche che ostacolano la scelta di fare un bambino, soprattutto tra i più giovani. Ma se il calo delle nascite non si arresta, quali potrebbero essere nel lungo tempo le conseguenze per l’Italia? Gli italiani fra i 30 e i 39 anni, compresi gli stranieri regolarizzati (dati Istat di fine 2019) sono 7 milioni, quelli fra i 40 e i 49 nove milioni. “Significa che fra dieci anni nella fascia a più alta intensità produttiva della vita lavorativa, quella dei quarantenni, ci saranno due milioni in meno dei quarantenni odierni, oltre un quinto dei potenziali lavoratori, con una perdita di Pil pesantissima”, ha spiegato a Repubblica il demografo Alessandro Rosina.
Genitori più produttivi a lavoro
Chi supera le paure e decide di fare figli acquisisce anche altri meriti: è portato a fare meno vacanze, più straordinari, a impegnarsi di più per dare un futuro migliore appunto ai figli. Insomma a produrre di più e meglio. “La simmetria è provata dall’esperienza di altri Paesi che hanno avuto lo stesso problema ma alla fine l’hanno superato”, ha spiegato Brunello Rosa, docente alla London School of Economics. “L’esempio della Svezia è noto, ma anche Francia, Germania, Gran Bretagna hanno approntato sussidi, agevolazioni, infrastrutture, tali da mettere le giovani madri in condizione di fare figli e tornare al lavoro senza angosce. Sono interventi costosi ma di sicuro rendimento”.Pannoloni contro hi-tech
C’è poi il discorso qualitativo: “Oltre al Pil e ai risparmi diminuiscono e cambiano i consumi – ha spiegato Blangiardo -. I giovani hanno modelli di consumo più impegnativi e costosi”. E il trend accelera: “Oggi abbiamo 800mila ultranovantenni che diventeranno 2 milioni tra pochi decenni. Si pone un problema di assistenza non solo pubblica: i familiari saranno sempre più impegnati ad assisterli”. Guglielmo Weber, docente di Econometria all’Università di Padova. 2L’impegno sarà sempre più oneroso perché molti di più fra i giovani anziani saranno figli unici. Quindi la denatalità delle ultime decadi e delle prossime aumenterà il peso della cura dei grandi anziani per i giovani anziani”.Crollo del Pil del 20%
Secondo Adriano Giannola, economista della Federico II di Napoli e ora presidente dello Svimez, “Se tutte queste tendenze proseguiranno, nel 2050 l’Italia si ritroverà con un Pil inferiore per il 20% all’attuale, e il 40% nel Mezzogiorno”. Com’è possibile? “La matematica e la proiezione statistica non perdonano. Il Sud perderà 5 milioni di abitanti e sarà ridotto a un’espressione geografica. Senonché, come l’Italia per l’Europa, trascinerà nel gorgo l’intero Paese. A meno che non si intervenga in modo deciso”.
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