Il ministero della Difesa, l’Arma dei carabinieri, rappresentata dal comandante generale Giovanni Nistri e i familiari di Stefano Cucchi, i genitori e la sorella Ilaria, vogliono costituirsi parte civile nel procedimenti a carico di otto militari, accusati dei falsi e dei depistaggi legati alla vicenda del geometra 31enne deceduto il 22 ottobre del 2009 all’ospedale Sandro Pertini, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di droga e picchiato in caserma per essersi rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento.
L’istanza di costituzione, su cui il gip Antonella Minunni si è riservata di decidere aggiornando l’udienza preliminare al 17 e 18 giugno prossimo, è stata presentata anche dal carabiniere Riccardo Casamassima, che con le sue dichiarazioni ha consentito alla procura di riaprire le indagini sulla morte di Stefano, dai tre agenti della polizia penitenziaria, già processati con l’accusa di essere gli autori materiali del pestaggio e assolti in tutti i gradi di giudizio, dalla onlus Cittadinanzattiva e dal Sindacato dei Militari, guidato dal segretario generale Luca Marco Comellini.
“Dopo 10 anni oggi è una giornata significativa e sono davvero emozionata per la decisione dell’Arma dei carabinieri di volersi costituire parte civile, è una cosa senza precedenti”. Così Ilaria Cucchi al termine dell’udienza preliminare nell’ambito del filone dell’inchiesta sui presunti depistaggi nel caso di Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre 2009 dopo essere stato arrestato per droga. “Dedico questo a chi continua a insinuare che la famiglia Cucchi sia contro i carabinieri e viceversa”, ha aggiunto.
“Quanto accaduto oggi in udienza rappresenta un momento di riavvicinamento non solo tra la famiglia Cucchi e le istituzioni ma tra i cittadini e le stesse istituzioni – ha aggiunto Ilaria Cucchi – perché tante volte in questi anni le persone normali si sono ritrovate a vivere quel senso di frustrazione che la nostra famiglia ha provato in questi continui scontri con le istituzioni”.
Commentando poi la richiesta di costituzione di parte civile da parte del sindacato dei militari, Ilaria Cucchi ha poi affermato: “In vicende come la nostra troppe volte ho visto i sindacati di polizia intromettersi contro le nostre famiglie. In quest’aula per la prima volta un sindacato si è schierato al nostro fianco e non contro di noi. Questo lo dedico al signor Gianni Tonelli (ex segretario generale del sindacato di polizia Sap e parlamentare della Lega che ha denunciato Ilaria per diffamazione, ndr)”.
Dal canto suo, Luca Marco Comellini, segretario generale del sindacato dei militari, ha spiegato così la sua richiesta di costituzione: “Siamo qui perché vogliamo tutelare gli interessi della parte sana dell’Arma perché c’è ancora una parte sana”.
Il pm Giovanni Musarò contesta agli imputati (che hanno chiesto di procedere con il rito ordinario) i reati di falso ideologico, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia in riferimento anzitutto a quelle condotte che portarono a modificare le due annotazioni di servizio, redatte all’indomani della morte di Cucchi e relative allo stato di salute del ragazzo quando, la notte tra il 15 e 16 ottobre 2009, a pestaggio avvenuto, venne portato alla caserma di Tor Sapienza.
E alla mancata consegna in originale di quei documenti che la magistratura aveva sollecitato ai carabinieri nel novembre del 2015, quando era appena partita la nuova indagine e i tre agenti della polizia penitenziaria, all’inizio della vicenda accusati e finito sotto processo per le botte, erano stati definitivamente assolti dalla Cassazione.
A rischiare il processo, oltre a Casarsa, all’epoca comandante del gruppo Roma, sono anche il colonnello Francesco Cavallo, a suo tempo ufficiale addetto al comando del gruppo Roma, il colonnello Luciano Soligo, all’epoca dei fatti comandante della Compagnia di Montesacro, da cui dipendeva il comando di Tor Sapienza (dove Cucchi venne portato dopo essere stato picchiato al Casilino), e poi Massimiliano Colombo Labriola, luogotenente e comandante di Tor Sapienza, Francesco Di Sano, carabiniere scelto in servizio presso Tor Sapienza: per tutti l’accusa è di falso.
Ci sono poi il colonnello Lorenzo Sabatino, già responsabile del nucleo operativo, e il capitano Tiziano Testarmata, già comandante della quarta sezione del nucleo investigativo, che rispondono di favoreggiamento ed omessa denuncia. Chiude la lista il carabiniere Luca De Cianni (autore di una nota di pg), cui sono attribuiti il falso e la calunnia ai danni di Casamassima.
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