Per i cyber criminali, quello dei bitcoin è un piatto troppo gustoso e come tale destinato ad essere sempre più oggetto di attenzione. Considerati gli incrementi e le forti oscillazioni di cui si sono rese protagoniste le criptovalute nel corso degli ultimi mesi, non stupisce come la criminalità informatica abbia deciso di mollare, o quasi, le carte di credito al fine di dedicarsi alle monete virtuali. Una decisione che ha aperto una serie di scenari inediti.
La chiave è il mining
Come è ormai noto, l’emissione delle criptovalute dipende dal mining, ovvero il procedimento di chiusura dei blocchi che compongono il database in cui sono registrate tutte le transazioni.
Proprio il mining, quindi, è stato individuato dai cyber criminali come la chiave di volta per poter portare avanti le proprie attività. Per farlo, usano un trojan, JS/CoinMiner, ideato allo scopo. In pratica questo programma va ad infettare il computer attaccato sfruttandone le risorse al fine appunto di generare bitcoin.
Come ci si può accorgere di quanto sta accadendo? In effetti non è facile, in quanto i sintomi possono essere facilmente confusi, trattandosi di un notevole rallentamento del computer e di un’accresciuta attività della ventola di raffreddamento.
I danni per l’utente attaccato sono in fondo abbastanza limitati, in quanto al rallentamento già descritto va ad unirsi un maggiore consumo di corrente. I vantaggi per l’hacker sono però vistosi, in quanto non ha bisogno di acquistare sistemi informatici potenti, potendo già contare sulla rete di computer infettati.
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Non solo mining
Se il mining è stato individuato dai cyber criminali come un modo poco rischioso per produrre bitcoin, va però ricordato che essi non si limitano a questa pratica, ma sono soliti portare avanti attacchi destinati a generare molto più clamore.
Come il raid effettuato ai danni di NiceHash, azienda slovena attiva nel settore sotto forma di mercato in cui gli speculatori possono portare avanti i loro investimenti in moneta virtuale. Una scorreria che ha fruttato ai criminali informatici 4700 bitcoin, che al momento del furto valevano poco meno di 60 milioni di euro.
Un fenomeno sempre più esteso, quello della pirateria informatica nel settore delle criptovalute, tale da portare la Bbc ad accusare la Corea del Nord, e in particolare il dittatore Kim Jong-un, di aver coordinato un attacco a danni di migliaia di persone, con il quale il regime di Pyongyang avrebbe incamerato milioni di dollari. A portarlo avanti, sempre secondo le ricostruzioni del canale televisivo statunitense e del governo della Corea del Sud, una rete composta da circa seimila hacker, addestrati per dare vita ad assalti informatici ai danni di server particolarmente rilevanti.
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Intanto le criptovalute continuano la loro ascesa
Le attività portate avanti dalla pirateria informatica, comunque, rendono ancora più chiaro come il fenomeno delle criptovalute non sia destinato a sgonfiarsi in poco tempo, come vaticinato da alcuni analisti.
Se è vero che le forti fluttuazioni del loro valore sono destinate a provocare notevole allarme negli ambienti finanziari, va ricordato che negli ultimi tempi è notevolmente aumentato l’interesse degli stessi verso le monete virtuali.
Non va poi sottovalutata la mossa di Nicholas Maduro, il presidente del Venezuela, che per rispondere alle manovre di chiaro sapore speculativo mosse contro il bolivar, la divisa nazionale, ha deciso di emettere una sua criptovaluta, il Petro, cui è affidato il compito di contrastare un’inflazione che continua ad erodere il potere di acquisto delle classi popolari.
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