Da no vax a no flop il passo, alla fine, è stato breve. Perché obiettivo principale di chi in queste ore minacciava di scatenare subbugli in tutta Italia, nel tentativo di costringere Draghi a un passo indietro sull’obbligo vaccinale allo studio del governo, si è trasformato di colpo: negare che le tante manifestazioni annunciate si siano trasformate in clamorosi fallimenti. Impresa, forse, ancora più difficile del portare avanti con convinzioni tesi cospirazioniste sul Covid e sulla reale natura dei vaccini, visto che i numeri sono in realtà sotto gli occhi di tutti.
Il famoso gruppo Telegram con oltre 45 mila iscritti e dall’evocativo nome “Basta dittatura” aveva organizzato proteste lungo tutto lo Stivale, da Nord a Sud. Con risultati, però, che hanno lasciato parecchio a desiderare: alcuni raduni sono andati completamente deserti, altri hanno visto partecipare meno di dieci persone. Nonostante tutto, la linea ufficiale resta quella di negare l’insuccesso, evidente. Rivendicando, anzi, “un risultato enorme, ed è soltanto l’inizio”, come scritto pomposamente in chat dagli organizzatori.
Un disastro di piazza, dove è parso evidente che la forza del movimento di protesta sia in realtà minima, che ha fatto presto il paio con le nuove dichiarazioni di Mario Draghi, che hanno messo ulteriormente in allarme il popolo no vax. Di fatto, la promessa di una linea dura sul fronte delle vaccinazioni. Accompagnata nuovamente da minacce e toni aggressivi. Luca, per esempio, ha subito messo in guardia il premier: “Non mi vaccinerò nemmeno con la forza, Draghi non sa con chi ha a che fare”. Altri hanno lanciato nuovi slogan: “Avanti tutta, la dittatura sarà distrutta”.
Duplice, nuovo obiettivo quindi: da un lato negare gli insuccessi recenti, che pure bruciano, sostenendo l’esistenza di una folla pronta a riversarsi in strada e della quale i media ignorano la reale consistenza, sminuendola ad arte. Dall’altro, rilanciare la battaglia sui vaccini contro un Mario Draghi più combattivo che mai, ormai additato come nemico pubblico numero uno. Nella speranza che le prossime proteste abbiano almeno un pizzico di fortuna in più.
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