Fino a poche settimane fa la parola da non pronunciare, quella che bastava da sola a mettere in difficoltà l’esecutivo gialloverde inchiodandola alle responsabilità di scelte contestate e rischiose, era “spread”. Oggi, un secondo termine arriva puntuale a interrompere i bei pensieri di Salvini e Di Maio e riportarli puntuale a una realtà molto meno esaltante: “Pil”. Gli ultimi dati, negativi, sono stati accolti senza troppa preoccupazione. In apparenza. Sotto sotto, preoccupano non poco i due leader.
Da qui in avanti, infatti, il piano sarà tentare di recuperare terreno proprio sul fronte del Pil, così da ammorbidire l’opinione pubblica. Per farlo, sarà necessario invertire la rotta dal punto di vista economico. Il leghista Giorgetti, non a caso, ora parla di “un’economia che non va bene”, “un mercato dell’edilizia fermo”. E invita tutti a rimettere in moto la macchina dell’esecutivo Conte. Di Maio e Salvini, da par loro, sanno di trovarsi in una situazione delicata e si dicono pronti a loro volta a dei sacrifici: trasferire risorse dal reddito di cittadinanza e “quota 1oo” agli investimenti.
“Se i tecnici ci dicono che i 16 miliardi messi per realizzare i due provvedimenti sono troppi, e ci dicono che quei soldi si possono usare per altre cose, come le strade o per le alluvioni, allora spostiamoli” ha spiegato Salvini, . Un modo per incoraggiare al passo Di Maio, che ancora ieri si trincerava dietro la parola d’ordine “lo spread sta calando”. I tempi stanno cambiando, e rapidamente.
Al governo preme oggi mostrarsi aperto alla mediazione con l’Ue, a prescindere dal risultato. La trattativa l’ha spiegato Tria prima di partire per il G20 è funzionale anche ad attutire l’eventuale impatto di una procedura d’infrazione, e dev’essere interpretata come “un atto di disponibilità verso l’Europa”. Il tutto con l’obiettivo, però, i di correggere i numeri sul Pil, passaggio fondamentale per riscattarsi agli occhi di Europa e mercati.
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