Nel giorno in cui l’Italia e il mondo intero celebrano il genio di Dante Alighieri, ecco arrivare un durissimo attacco dalla Germania contro il poeta e scrittore nato a Firenze nel 1265. A firmarlo è la testata Frankfurter, che nel bel mezzo dei festeggiamenti ha deciso di irrompere con un articolo addirittura in prima pagina, firmato da Arno Widmann (fondatore dello storico quotidiano TAZ, nonché traduttore di Eco e Malaparte), che ha scelto di elencare numerosi “capi di accusa” contro l’autore universalmente riconosciuto come padre della nostra lingua.
Ecco, allora, che secondo il giornale tedesco noi italiani staremmo semplicemente perdendo tempo nell’omaggiare un poeta medievale “anni luce dietro a Shakespeare”, egocentrico e arrivista, che avrebbe in realtà poco a che fare con la nascita della lingua. Ricordando che il 25 marzo è la ricorrenza nazionale dantesca, Widmann ha commentato: “L’Italia lo loda perché ha portato la lingua alle altezze della grande letteratura: si è costruito la lingua per la sua opera e da questa lingua è nata la lingua dei suoi lettori e poi dell’Italia”.
Con tono beffardo, però, Widmann ha anche precisato che Dante, come poeta lirico, sarebbe stato preceduto dai trovatori di Provenza, e quindi in realtà “la prima lirica in madrelingua italiana fu scritta in provenzale”. Dito puntato anche contro l’opera più celebre dello scrittore, la Divina Commedia, che secondo la testata tedesca non sarebbe originale: “Lo studioso spagnolo Asín Palacios nel 1919 affermò che si basava su un poema mistico arabo in cui si narra l’esperienza dell’ascesa al Cielo. Certo, tutti i dantisti l’hanno smentito, ma è solo orgoglio ferito: vedevano minacciata l’originalità del loro eroe Dante”.
Infine, l’invito con tono sarcastico “a non fare un torto a Dante, sottovalutando la sua spregiudicata ambizione”, visto che in realtà “potrebbe aver sognato, col suo viaggio cristiano nell’Aldilà, di fare un colpaccio ai danni del poema arabo”. Un Dante arrivista e plagiatore, dunque, che arriva da un Paese descritto dallo storico William Shirer come “un bizzarro coacervo di 300 Stati e innumerevoli parlate locali” ancora agli inizi dell’Età Moderna.
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